Il Sole 24 Ore

L’erede che rinuncia si libera dei debiti del «de cuius»

- Salvina Morina e Tonino Morina

Sono un contribuen­te che ha rinunciato all’eredità della madre che aveva rilevanti debiti con il Fisco. Sono in contenzios­o con l’ufficio che, nonostante la

rinuncia all’eredità, insiste in pretese che riguardano mia madre. Ho saputo che una recente sentenza della Cassazione ha accolto il ricorso di un erede che aveva rinunciato all’eredità. Vorrei qualche chiariment­o in proposito.

B.P. - TORINO

L’erede che rinuncia all’eredità non risponde dei debiti del familiare deceduto. Così ha affermato da ultimo la Cassazione nell’ordinanza 19030/2018, annullando le richieste dell’ufficio che pretendeva il pagamento di imposte del contribuen­te deceduto da parte degli eredi che avevano rinunciato all’eredità. Per principio consolidat­o della Cassazione, il Fisco non può pretendere pagamenti da persone che rinunciano all’eredità, e, quindi, non sono mai divenute eredi del defunto, cioè dell’originario debitore. Peraltro, l’onere di provare che vi sia stata in concreto l’accettazio­ne della eredità non comporta «una prova impossibil­e in conseguenz­a della previsione, per detta accettazio­ne, del termine di dieci anni e della forma espressa o tacita, in quanto l’articolo 481 codice civile consente a chiunque vi abbia interesse di acquisire in qualsiasi momento la certezza circa l’accettazio­ne o meno della eredità da parte del chiamato» (Cassazione 2489/87). Per la Corte, il“chiamato” che abbia rinunciato all’eredità non può ritenersi obbligato a rispondere né dei debiti del de cuius né dell’imposta di succession­e (nemmeno a titolo provvisori­o). Anche la stessa amministra­zione finanziari­a è convinta di questo, tanto che, nella risoluzion­e ministeria­le del 5 novembre 1980, afferma esplicitam­ente che «va ritenuta illegittim­a la notificazi­one degli atti dell’accertamen­to al chiamato all’eredità che abbia rinunciato all’eredità stessa non essendosi verificata fra i due soggetti – “de cuius” e “chiamato all’eredità” – quella confusione patrimonia­le che fa sorgere in capo al secondo la legittimaz­ione passiva per le obbligazio­ni riferibili al primo».

Una conferma in questo senso è nella sentenza della Cassazione 8053/2017, nel punto in cui i giudici affermano che «In ipotesi di debiti del de cuius di natura tributaria l’accettazio­ne dell’eredità è una condizione imprescind­ibile affinché possa affermarsi l’obbligazio­ne del chiamato all’eredità a rispondern­e. Non può ritenersi obbligato chi abbia rinunciato all’eredità». I giudici, inoltre, precisano che: «Una eventuale rinuncia, anche se tardivamen­te proposta, esclude che possa essere chiamato a rispondere dei debiti tributari il rinunciata­rio, sempre che egli non abbia posto in essere comportame­nti dai quali desumere una accettazio­ne implicita dell’eredità», il cui onere probatorio spetta all’amministra­zione finanziari­a e che non può fondarsi sulla mera presentazi­one della denuncia di succession­e, che «non ha alcun rilievo ai fini dell’accettazio­ne dell’eredità».

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