SFIDA ALLA SPECULAZIONE CON LO SCUDO ANTI-SPREAD
Non c’è svalutazione sui bond tenuti in bilancio fino alla loro scadenza
Quando a Bruxelles e a Francoforte si parla di banche italiane, c’è sempre la tendenza a evidenziarne solo le debolezze. Il recente balzo dei tassi e il carico eccessivo di BTp in portafoglio hanno persino peggiorato il vizio. Quello che nessuno dice, però, è che per quanto “arretrate” nei loro modelli, le banche non sono guidate da sprovveduti: e sanno bene come proteggersi dai rischi dello spread.
Nessuno nega che la corsa al rialzo dei tassi di interesse sui Titoli di Stato in portafoglio alle banche abbia un impatto diretto sull’integrità del capitale: più i prezzi scendono, più aumentano le minusvalenze in bilancio. Se si pensa che il sistema bancario nazionale ha in pancia circa 378 miliardi di euro, il problema non è di poco conto sia per i soci che i clienti: non a caso, proprio l’esposizione delle banche sui BTp è stata alla base dei recenti declassamenti del debito da parte delle agenzia di rating. Detto questo, c’è anche un’altra verità che è ben diversa: nessun banchiere italiano - o comunque alla guida di una banca italiana - sembra avere intenzione di farsi travolgere senza reagire dalla crisi di fiducia delle istituzione europee sul nuovo governo, dal pessimismo del mercato sulla ripresa economica e soprattutto dalle frenesie speculative dei fondi sulla cronica debolezza politica e finanziaria del Paese. Ecco come.
Per quanto provate dalla grande crisi del debito e da due recessioni in 10 anni, il sistema non è affatto il Jurassic Park del credito europeo: non solo per la sua resilienza ai danni collaterali dell’instabilità politica, ma soprattutto per la competenza e l’astuzia con cui sta utilizzando un’importante innovazione contabile introdotta in Italia dal fine dell’anno scorso. Si tratta della possibilità di trasferire quantità consi- stenti di Titoli di Stato dal portafoglio di trading (dove si contabilizzano i titoli disponibili per la vendita) al portafoglio in cui vengono custodite le obbligazioni liquidabili solo alla loro scadenza. La differenza è sostanziale: l’obbligo imposto dalla Bce di “ri-prezzare” le obbligazioni al variare del loro valore (se il prezzo di mercato sale c’è una rivalutazione, se scende una svalutazione in bilancio) non si applica sul portafoglio dei bond vendibili solo a fine scadenza. Poichè il «mark-tomarket» è rischiesto solo sul primo dei due portafogli, è sufficiente spostare nel “reparto protetto” del bilancio percentuali crescenti di BTP posseduti dalla banca per eliminare o almeno ridurre notevolmente il rischio di avvitamento patrimoniale generato dal «doom loop», l’erosione del capitale innescata dal crollo prolungato dei prezzi dei bond. Il modo è molto sem-
plice: quando i bond nel portafoglio di trading vanno in scadenza, i proventi vengono reinvestiti in altri Titoli di Stato che vengono poi ricontabilizzati nel portafoglio di lungo termine dove non c’è obbligo di svalutare.
Per aver un’idea del fenomeno in
atto, basti pensare che alla fine del secondo trimestre 2018, meno del 9% delle obbligazioni sovrane italiane erano detenute fino alla scadenza: alla fine del terzo trimestre, la quota era già salita al 14%. Ma la strada da colmare rispetto ai concorrenti esteri e soprattutto europei (solo in Italia non era di fatto consentito) è ancora lunga. Ed è bene tenere presente che negli stress test dell’Eba non è neppure prevista: è ovvio che in una simulazione di grave shock finanziario, è inevitabile il crollo patrimoniale della banca. In America, al contrario, la Fed si è guardata bene dall’imporre procedure di questo genere.
Per quanto riguarda i casi concreti, le banche italiane che hanno rivelato di aver cominciato a utilizzare lo scudo contabile sui BTP sono per ora le più grandi. Unicredit, per esempio, mira a ridurre l’esposizione del bilancio alla variazione dei tassi sui titoli di stato di oltre un terzo il prossimo anno: ciò significa che qualsiasi ulteriore aumento dei rendimenti le costerà meno in termini di minusvalenze. Anche il Banco BPM ha confermato la stessa scelta, portando nella sezione a valore protetto oltre il 50% dei bond posseduti, mentre IntesaSanpaolo ha classificato il 32% del debito italiano in bilancio nella sezione vincolata alla scadenza, una quota leggermente superiore a quella del trimestre precedente. Nel bilancio della BNL, banca del gruppo francese BNP Paribas, tutte le obbligazioni italiane sono detenute fino alla scadenza, il che significa che non ha registrato finora alcuna perdita dovuta al rischio-Italia. Quando si escludono i pregiudizi, questa la realtà sulla resilienza delle banche italiane. Se anche gli investitori prestassero più attenzione, avrebbero certamente meno motivi per preoccuparsi delle nostre banche.