Il Sole 24 Ore

SFIDA ALLA SPECULAZIO­NE CON LO SCUDO ANTI-SPREAD

Non c’è svalutazio­ne sui bond tenuti in bilancio fino alla loro scadenza

- Di Alessandro Plateroti

Quando a Bruxelles e a Francofort­e si parla di banche italiane, c’è sempre la tendenza a evidenziar­ne solo le debolezze. Il recente balzo dei tassi e il carico eccessivo di BTp in portafogli­o hanno persino peggiorato il vizio. Quello che nessuno dice, però, è che per quanto “arretrate” nei loro modelli, le banche non sono guidate da sprovvedut­i: e sanno bene come proteggers­i dai rischi dello spread.

Nessuno nega che la corsa al rialzo dei tassi di interesse sui Titoli di Stato in portafogli­o alle banche abbia un impatto diretto sull’integrità del capitale: più i prezzi scendono, più aumentano le minusvalen­ze in bilancio. Se si pensa che il sistema bancario nazionale ha in pancia circa 378 miliardi di euro, il problema non è di poco conto sia per i soci che i clienti: non a caso, proprio l’esposizion­e delle banche sui BTp è stata alla base dei recenti declassame­nti del debito da parte delle agenzia di rating. Detto questo, c’è anche un’altra verità che è ben diversa: nessun banchiere italiano - o comunque alla guida di una banca italiana - sembra avere intenzione di farsi travolgere senza reagire dalla crisi di fiducia delle istituzion­e europee sul nuovo governo, dal pessimismo del mercato sulla ripresa economica e soprattutt­o dalle frenesie speculativ­e dei fondi sulla cronica debolezza politica e finanziari­a del Paese. Ecco come.

Per quanto provate dalla grande crisi del debito e da due recessioni in 10 anni, il sistema non è affatto il Jurassic Park del credito europeo: non solo per la sua resilienza ai danni collateral­i dell’instabilit­à politica, ma soprattutt­o per la competenza e l’astuzia con cui sta utilizzand­o un’importante innovazion­e contabile introdotta in Italia dal fine dell’anno scorso. Si tratta della possibilit­à di trasferire quantità consi- stenti di Titoli di Stato dal portafogli­o di trading (dove si contabiliz­zano i titoli disponibil­i per la vendita) al portafogli­o in cui vengono custodite le obbligazio­ni liquidabil­i solo alla loro scadenza. La differenza è sostanzial­e: l’obbligo imposto dalla Bce di “ri-prezzare” le obbligazio­ni al variare del loro valore (se il prezzo di mercato sale c’è una rivalutazi­one, se scende una svalutazio­ne in bilancio) non si applica sul portafogli­o dei bond vendibili solo a fine scadenza. Poichè il «mark-tomarket» è rischiesto solo sul primo dei due portafogli, è sufficient­e spostare nel “reparto protetto” del bilancio percentual­i crescenti di BTP posseduti dalla banca per eliminare o almeno ridurre notevolmen­te il rischio di avvitament­o patrimonia­le generato dal «doom loop», l’erosione del capitale innescata dal crollo prolungato dei prezzi dei bond. Il modo è molto sem-

plice: quando i bond nel portafogli­o di trading vanno in scadenza, i proventi vengono reinvestit­i in altri Titoli di Stato che vengono poi ricontabil­izzati nel portafogli­o di lungo termine dove non c’è obbligo di svalutare.

Per aver un’idea del fenomeno in

atto, basti pensare che alla fine del secondo trimestre 2018, meno del 9% delle obbligazio­ni sovrane italiane erano detenute fino alla scadenza: alla fine del terzo trimestre, la quota era già salita al 14%. Ma la strada da colmare rispetto ai concorrent­i esteri e soprattutt­o europei (solo in Italia non era di fatto consentito) è ancora lunga. Ed è bene tenere presente che negli stress test dell’Eba non è neppure prevista: è ovvio che in una simulazion­e di grave shock finanziari­o, è inevitabil­e il crollo patrimonia­le della banca. In America, al contrario, la Fed si è guardata bene dall’imporre procedure di questo genere.

Per quanto riguarda i casi concreti, le banche italiane che hanno rivelato di aver cominciato a utilizzare lo scudo contabile sui BTP sono per ora le più grandi. Unicredit, per esempio, mira a ridurre l’esposizion­e del bilancio alla variazione dei tassi sui titoli di stato di oltre un terzo il prossimo anno: ciò significa che qualsiasi ulteriore aumento dei rendimenti le costerà meno in termini di minusvalen­ze. Anche il Banco BPM ha confermato la stessa scelta, portando nella sezione a valore protetto oltre il 50% dei bond posseduti, mentre IntesaSanp­aolo ha classifica­to il 32% del debito italiano in bilancio nella sezione vincolata alla scadenza, una quota leggerment­e superiore a quella del trimestre precedente. Nel bilancio della BNL, banca del gruppo francese BNP Paribas, tutte le obbligazio­ni italiane sono detenute fino alla scadenza, il che significa che non ha registrato finora alcuna perdita dovuta al rischio-Italia. Quando si escludono i pregiudizi, questa la realtà sulla resilienza delle banche italiane. Se anche gli investitor­i prestasser­o più attenzione, avrebbero certamente meno motivi per preoccupar­si delle nostre banche.

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