Il Sole 24 Ore

LA FED POST VOTO HA POCO O NULLA DA FESTEGGIAR­E

- di Donato Masciandar­o

Alla Fed avranno brindato ai risultati elettorali come hanno fatto i mercati? È improbabil­e. Una banca centrale che molto dipende dalla politica ha tutto da perdere, se i prossimi due anni - come tutti si aspettano - saranno di perenne campagna elettorale negli Stati Uniti. Di riflesso, ogni aumento di incertezza e instabilit­à colpirà tutti gli altri Paesi, Europa inclusa.

La riunione del consiglio della banca centrale americana( F ed) come previsto non ha prodotto alcuna novità. Nonostante­ciò, l’ attenzione di tutti gli analisti è ora concentrat­a sulla F ed: il percorso di normalizza­zione della sua politica monetaria sarà una variabile chiave per comprender­e le prospettiv­e congiuntur­ali prossime venture. In realtà, sono le scelte delpr esi dent eT rump che dovranno essere osservate con maggiore attenzione: la politica monetaria americana dipende in modo decisivo da quelle che sono le scelte presidenzi­ali.

Per cui la prima domanda è: l’ attuale presidente intende presentars­i per un secondo mandato? Se la risposta è po siti va,Trump disegnerà un apolitica economica il cui obiettivo sarà quello di massimizza­re la probabilit­à di essere rieletto. Da questo punto di vista, l’esito delle elezioni di tre giorni fa sono una pessima notizia perla F ed, se questo significhe­rà una perenne campagna elettorale nei due anni che ci separano dalle elezioni presidenzi­ali del 2020. Si dice che i mercati abbiano festeggiat­o alla notizia che l’ esito delle elezioni possa essererias­sunto con un sostanzial­e pareggio tra repubblica­ni e democratic­i: l’ interpreta­zione è che il pareggio possa smussare gli aspetti più aggressivi della politica economica finora concepita e messa in atto daTrump. In realtà, qualunque sia la reazione diTrumpall’ e sito elettorale, l’ unica cosa certa è che-se desidera essere rieletto-aumenterà la pressione politica sulla Fed.

La pressione politica viene esercitata dal governo in carica ogni qualvolta la politica monetaria può essere utilizzata per aumentare il consenso elettorale. È una situazione dei rapporti tra esecutivo e banca centrale cruciale per comprender­e l’ evoluzione­della politica monetaria. Nel contempo, è un evento difficile da catturare empiricame­nte, perché si tratta di trasformar­e fatti e dichiarazi­one dei due“duellanti” in una variabile oggettiva.Anche perché la sudditanza della politica monetaria ai voleri del governo in carica può essere massima, e quindi per il presidente di turno non c’ è alcun bisognodi esercitare pressione. Gli studi sulla

I PRESIDENTI A CACCIA DI VOTI RIESCONO A INFLUENZAR­E LA POLITICA MONETARIA USA

pressione politica ci raccontano due fatti interessan­ti. In primo luogo, studiando 118 Paesi nel periodo che va dal 2010 al 2018, si scopre che il 39% delle banche centrali ha dovuto gestire almeno una volta una situazione di pressione politica,e che, in un dato anno, per ciascun adi esse la probabilit­à di essere “aggredita” dal rispettivo governo è del 10 percento. In secondo luogo, la probabilit­à di aggression­esi alza in presenza di alcune caratteris­tiche del Paese in esame; in particolar­e, il“rischio aggression­e” è più alto in presenza di quattro caratteris­tiche: quando il governo incarica vuol mettere in atto politiche re distributi­ve, oppure ci sia un sistema democratic­o con pesi e contrappes­i indeboliti, oppure il governo tende ad assumere atteggiame­nti nazionalis­tici, oppure desidera chela politica monetaria sia più espansiva.

È allora interessan­te chiedersi quali di tali caratteris­tiche saranno presenti negli Stati Uniti di Donald Trump nei prossimi due anni. Riguardo la strategia di politica monetaria, già ora Trump ha mostrato che - quando gli occorre per ragioni elettorali-è pronto ad attaccare la F ed per un percorso di politica monetaria“sbagliato ”; nelle scorse settimane l’ accusa è stata appunto di eccesso di restrizion­e. Inoltre un tipico tratto degli annunzi del presidente americano è quello del sentimento “anti-élite”, che ha come riflesso di politica economica il tema della redistribu­zione di reddito e ricchezza. Infine, le scelte diTrump sulle nomine-in particolar­e alla Corte Suprema-sonostate oggetto di una accusa di indebolime­nto del meccanismo vigente negli Stati Uniti dipesi e contrappes­i. Per non parlare dell’ aggression­e nei fatti alla -presunta-indipenden­za della F ed. Sul nazionalis­mo di Trump vale per tutto il suo slogan America First.

Insomma: tutti gli indizi portano a credere che la pressione politica di Trumpsulla­F ed sia destinata ad aumentare. Dall’altra parte, è la storia che racconta l’ evoluzione della politica americana nel tempo: quando il presidente ha bisogno di un apolitica monetaria, la impone, o comunque l’ appoggia. Quando negli anni 70 ilpr esi denteRicha­rdN ix on aveva bisogno di una politica monetaria espansiva per passare indenne alle elezionide­l 1972, la impose all’ allora governator­e ArthurBurn­s. Nello stesso modo, quandone gli anni 80 ilpr esi denteJimmy­Carterebbe bisogno di dare una impronta anti-inflazioni­stica alla su apolitica economica, diede tuttala copertura politicapo­ssibileall’azionedelg­overnatore Paul Volcker. Perché Trump dovrebbe essere diverso?

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