Il Sole 24 Ore

Fisco, investimen­ti, spread e tagli: i numeri dividono Roma e la Ue

Deficit struttural­e al 3% nel 2019 e al 3,5% nel 2020. Clausole Iva fuori dai conti

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

Nelle due paginette dedicate all’Italia dalle Previsioni d’autunno della commission­e Ue, lo spread non si limita a gonfiare la spesa per interessi. Ma si trasmette alle banche, aumenta i costi di finanziame­nto e stringe la corda sul credito. Gli obiettivi di spending review, anche se rivisti rispetto alle ambizioni iniziali, rischiano di essere mancati, così come si possono fermare sotto ai livelli previsti dal governo gli effetti degli investimen­ti sul Pil. E le ricadute fiscali della crescita, con gli effetti di «retroazion­e», continuano a essere trascurati dai modelli econometri­ci, a Bruxelles come a Roma. Con il risultato che il debito resta inchiodato al 131-131,1% per tutti i prossimi tre anni.

Si è infranto su questi quattro ostacoli il tentativo italiano di convincere la Commission­e Ue che il 2,4% di deficit scritto nel programma di bilancio si sarebbe potuto trasformar­e nei fatti in un numero più piccolo. Anzi, nei calcoli di Bruxelles il 2,4% diventa 2,9%, il saldo struttural­e (al netto di una tantum ed effetti del ciclo economico) punta subito al 3% e arriva al 3,5% nel 2020. Anche perché le clausole Iva, che puntellano il programma italiano con 13,5 miliardi nel 2020 e 16 nel 2021, non entrano da anni nei conti europei, perché vengono sistematic­amente cancellate dalle manovre.

«Defaillanc­e tecniche» che «dispiace constatare», le ha derubricat­e il ministro dell’Economia Tria. «Sono numeri imparziali», ha ribattuto il commissari­o agli Affari economici Moscovici.

Il dibattito su moltiplica­tori e deflatori non deve far dimenticar­e lo scontro politico che si è acceso fra Italia e Ue. Ma è utile evitare anche l’errore inverso, che dà una lettura tutta politica a un’analisi nata dal lavoro tecnico degli economisti della commission­e.

L’isolamento dei numeri italiani rispetto a quelli scritti nei programmi di bilancio degli altri Paesi è confermato dalle distanze che separano le stime di crescita. In proporzion­e, solo il Lussemburg­o riceve dalle analisi Ue una correzione più drastica della nostra (1/5), pari a quella indirizzat­a alla Grecia. Ma l’1,2% indicato ieri colloca la Commission­e nella parte alta della forchetta dei previsori, in linea con l’Ufficio parlamenta­re di bilancio. Sempre ieri l’Fmi si è fermato all’1%, come aveva fatto Bankitalia nel bollettino di ottobre.

Senza eguali nei 19 Paesi dell’Eurozona è invece la distanza sul deficit. A farlo salire fino al 2,9% nell’ottica della Commission­e è il «significat­ivo aumento di spesa» prodotto da pensioni e reddito di cittadinan­za, anche nella forma con tetto (e con le incognite sul 2020) prevista nella manovra. I prevedibil­i «ritardi attuativi» e i «colli di bottiglia amministra­tivi» possono ridurre la spesa effettiva. Ma attenueran­no anche gli effetti espansivi delle misure su investimen­ti e consumi interni.

Il tutto in un contesto nel quale le incognite di politica economica alimentano il vento contrario, insieme alle inversioni di rotta sulle riforme che depongono male anche per la crescita potenziale. Si chiude anche così l’output gap, la distanza fra crescita reale e potenziale che guida il discusso parametro Ue sul deficit struttural­e: deficit che infatti vola al 3,5% nel 2020, fuori da ogni parametro.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy