Il Sole 24 Ore

Istituti tecnici al Nord garanzia di lavoro: venti punti in più

Oltre metà degli studenti è occupato al termine del percorso scolastico

- —Eu. B. —Cl. T.

Che gli istituti tecnici preparino di più e meglio al lavoro dopo il diploma rispetto ai licei è un dato ormai acquisito. E anche che in alcune aree questo fenomeno accade più che in altre. Il valore aggiunto delle classifich­e di Eduscopio 2018 consiste nella possibilit­à di capire in che misura. Se ad esempio prendiamo i migliori risultati di Milano e Torino le scuole al vertice finiscono per superare di venti punti la media nazionale.

Secondo gli ultimi dati di AlmaDiplom­a i “periti” che al termine del percorso scolastico risultano occupati, escludendo quanti sono impegnati in attività formative retribuite, sfiorano il 56%, il 42,2% lavora e basta, il restante 13,7% lavora e contempora­neamente è impegnaton­e gli studi. Al netto della diversa base statistica perché i numeri che diffonde ogni anno l’associazio­ne presieduta da Mauro Borsarini “testano” un campione di circa 80mila diplomati, con Eduscopio, che invece incrocia dati Miur e comunicazi­one obbligator­ie del ministero del Lavoro, si può mettere a fuoco la singola performanc­e della scuola.

A Milano, ad esempio, al top tra gli istituti tecnici, indirizzo economico, c’ è il Pietro Custodi con un tassodio cc up abilità dei propri diplomati del 74 percento. Anche l’ Ernesto Breda, nell’ indirizzo tecnologic­o, svetta con una percentual­e di poco inferiore, 72 per cento. A Torino poi sono il Giovanni Battista Pininfarin­a e l’Edoardo Agnelli a mostrare, entrambi, un tasso di occupabili­tà superiore al 70 per cento. Ancora meglio f al’ Ettore Majo rana a San Lazza rodi S avena( Bo ): qui si sale addirittur­a all’84 per cento.

Complessiv­amente, è il Nord ad avere i risultati migliori. A Roma, i “primi della classe” l’Is Via dei Papareschi e il Giovanni Giorgi evidenzian­o una percentual­e di diplomati occupati di poco superiore del 50 per cento. A Napoli il Francesco Saverio Nitti, che guida la classifica tra i migliori tecnici, indirizzo economico, si ferma a un tasso di occupabili­tà del 33 per cento.

Questi numeri fotografan­o solo in parte l’attuale stato di salute della nostra istruzione tecnica. Che nonostante si confermi, di indagine in indagine, un vero e proprio passeparto­ut per il lavoro, vive oggi una fase di difficoltà. Negli ultimi anni si è assistita a una vera e propria emorragia di iscritti, complice in primis lo scarso, per non dire inesistent­e, orientamen­to alle medie. A cui si è aggiunta la mancanza di attenzione da parte dei precedenti governi. Quest’ultimo sembra intenziona­to a cambiar rotta. Almeno nelle intenzioni, visto che nei giorni scorsi, al Miur si è tornato a parlare di rilancio dell’istruzione tecnico-profession­ale (anche per mettere un freno al crescente mismatch tra le profession­i tecnicosci­entifiche).

L’obiettivo è rendere queste scuole ancor più collegate con imprese e territori. Uno dei motivi principali della riuscita occupazion­ale dei neo-diplomati. Un altro? «La maggior spinta sulle competenze trasversal­i - risponde Marzia Campioni, per anni a capo dell’istituto Molinari a Milano, tra i migliori 10 tecnici censiti da Eduscopio 2018 -. Con l’organico di potenziona­mento ho agito proprio su questo: soft skills, lingue e capacità di comunicare un progetto. Tutte competenze richieste dalle aziende».

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