È tregua, prescrizione in vigore tra un anno
Nuova misura solo dopo la riforma del processo penale Sciopero dei penalisti Nell’accordo anche la blindatura del reddito di cittadinanza
Più che un’intesa una tregua. E fragile. Un vertice mattutino di appena mezzora ieri a Palazzo Chigi è stato sufficiente per concordare la via d’uscita dall’impasse sulla prescrizione e per le ultime nomine Rai sui direttori di rete. Il premier Conte, i vice Di Maio e Salvini e i ministri Bonafede e Bongiorno hanno dato il disco verde all’emendamento M5S al Ddl anticorruzione che sospende la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Ma la norma entrerà in vigore soltanto dal 2020 e solo dopo, sottolineano dalla Lega, la riforma del processo penale, che partirà (questa almeno l’intenzione) nei prossimi giorni al Senato con un disegno di legge delega.
Lo scambio consente a Di Maio di rivendicare la bandiera della guerra «ai furbetti», seppur postdatata, e a Salvini di poterla legare a « tempi certi e brevi per i processi», incassando anche il sì a un pacchetto di emendamenti sull’anticorruzione che alleggeriscono l’aggravamento delle pene accessorie per il peculato. Il leader del M5S, insieme a Bonafede, la definisce una vittoria, anche perché avrebbe ricevutogaranzie sulla rapida partenza del reddito di cittadinanza e il via libera a . Eppure ha bisogno di rafforzare i temi identitari come il “restitution day “e il taglio degli stipendi dei parlamentari. Tra gli stessi Cinque Stelle, infatti, emergono giudizi tutt’altro che lusinghieri. La senatrice dissidente Elena Fattori ironizza: «Prescrizione dal 2020? Allora perché non anche decreto Salvini in sicurezza dal 2020? Che lo scambio almeno sia equo». Critico anche il deputato Andrea Colletti. «L’entrata in vigore al 2020 è un errore tecnico e politico», sostiene l’autore del Ddl di riforma della prescrizione che per paradosso sarà abbinato all’anticorruzione per giustificarne l’allargamento del perimetro. Ampliamento contro cui si sono scagliate tutte le opposizioni alla Camera. Sul piede di guerra pure i penalisti, che sciopereranno dal 20 al 23 novembre contro «le sciagurate iniziative» della maggioranza.
Con il nuovo emendamento gialloverde si tornerà al testo voluto da Bonafede, aggiungendo soltanto la vacatio fino al 2020. Inevitabile lo slittamento dei tempi: come deciso dalla capigruppo, l’approdo del testo in Aula sarà posticipato di una settimana (a lunedì 19) per essere varato entro il 21.
La soluzione comunque è un pannicello caldo per evitare un ulteriore scontro in un momento di gelo tra Lega e M5S. Ormai l’ipotesi di un ritorno anticipato alle urne non è più un tabù. Nonostante le rassicurazioni di Salvini («Si voterà tra 5 anni»), lo stesso Di Maio lo ha evocato qualora non si fosse raggiunta un’intesa. E ieri dopo l’accordo il ministro pentastellato Fraccaro è stato esplicito: «Anche se dovesse cadere il Governo la prescrizione entrerà in vigore comunque dal primo gennaio 2020». Ma è una tesi che per la Lega non regge. «Va legata alla durata certa dei processi», insiste la ministra Bongiorno. Come dire: se non ci sarà il nuovo processo non ci sarà neppure la nuova prescrizione.
Il gelo, insomma, resta. Con Di Maio che per la prima volta mette il pollice verso sul Ddl Pillon caro alla Lega sulla riforma dell’affido condiviso. Un altro tentativo di uscire dal cul de sac in cui è finito il M5S, che deve fronteggiare anche la protesta delle associazioni dei risparmiatori truffati dalle banche. Ieri hanno attaccato il sottosegretario al Mef Alessio Villarosa per le modalità dei rimborsi previste nella legge di bilancio. Proteste che hanno indotto il Governo a rivedere la norma.
Tutt’altra musica in casa leghista. A fine giornata è lampante come sia il Carroccio a portare a casa il risultato migliore. Il decreto sicurezza arriverà in porto entro la fine di novembre, giusto in tempo per la manifestazione a piazza del Popolo prevista l’8 dicembre. E Salvini conta di incassare subito anche la legittima difesa.