Il Sole 24 Ore

«Intervento giusto, è necessario farlo»

Per il pm milanese è opportuno rivedere il regime di prescrizio­ne

- RICCARDO TARGETTI

Un intervento opportuno soprattutt­o sul fronte dei reati economici. Per Riccardo Targetti, coordinato­re del Dipartimen­to crisi d’impresa della Procura di Milano, rivedere il regime della prescrizio­ne ha un senso. Meno invece una predetermi­nazione dei tempi di durata dei gradi di giudizio oppure un più accentuato ruolo di controllo del giudice nella fase delle indagini preliminar­i.

Dottor Targetti, ma è la prescrizio­ne il male del nostro sistema penale?

Non è il male, ma senza dubbio è un male. Per questo può avere un senso affrontarl­a in un contesto complessiv­o di riforma del processo penale. La sua configuraz­ione attuale favorisce senza dubbio l’allungamen­to dei processi. È diventata un, legittimo per carità, obiettivo difensivo. La sua esistenza favorisce anche tattiche solo dilatorie ed esasperate, a danno per esempio dell’utilizzo dei riti alternativ­i, che restano un caposaldo del sistema penale accusatori­o.

A essere prescritti però sono soprattutt­o alcuni reati comuni, questo almeno ci dicono i dati, abusi edilizi in testa.

Vero, ma guardare solo al dato assoluto non è detto che sia significat­ivo. Ci sono tante prescrizio­ni per alcuni reati anche perché alcune condotte sono diffuse. Ma, nel diritto penale dell’economia, e non sto pensando tanto alle bancarotte che hanno tempi di prescrizio­ni assai elevati, l’estinzione del reato può diventare importante in termini percentual­i.

Perché?

È proprio la struttura della prescrizio­ne a favorire questa situazione. Il termine infatti inizia a decorrere dal momento in cui il reato è commesso, non da quando è stato scoperto da autorità giudiziari­a e Forze dell’Ordine. Di solito non passa molto tempo, per esempio, tra commission­e di un furto e segnalazio­ne della notizia di reato; discorso diverso per un falso in bilancio o altre tipologie di reati societari.

Ma quindi anche la proposta in discussion­e che di fatto rende impossibil­e il maturare della prescrizio­ne rischia di essere insufficie­nte? Guardi, su questo sarà la deformazio­ne del pubblico ministero, ma quando lo Stato ha esercitato l’azione penale, con la richiesta di rinvio a giudizio, una conseguenz­a così drastica per la sua inerzia non è più necessaria. Il procedimen­to comunque si è mosso. Capisco però le preoccupaz­ioni dell’avvocatura e allora si potrebbe pensare a un periodo di sospension­e più ampio; certo più lungo dei 36 mesi massimi solo in caso di condanna della riforma Orlando.

Considera opportuno che il legislator­e predetermi­ni la durata del processo penale, con conseguenz­e in caso di sforamento dei limiti; o anche che il giudice eserciti un maggiore controllo nella fase delle indagini preliminar­i, visto che è lì che matura il maggior numero di prescrizio­ni?

Sono molto perplesso. È vero che il maggior numero di estinzioni dei reati si verifica prima del dibattimen­to di primo grado; però c’è un tema di sostenibil­ità dei carichi di lavoro da parte delle procure e di organizzaz­ione. Il principio dell’obbligator­ietà dell’azione penale deve trovare un bilanciame­nto con altri principi anch’essi costituzio­nali, come quello al buon funzioname­nto della pubblica amministra­zione. Rendere invece il processo più farraginos­o con navette tra giudice e pm non mi convince.

«La predetermi­nazione dei tempi del processo mi lascia perplesso»

Riccardo Targetti COORDINATO­RE DIPARTIMEN­TO CRISI D’IMPRESA PROCURA DI MILANO

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IMAGOECONO­MICA

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