UniCredit svaluta Turchia Pronta vendita di immobili
La crisi turca impatta su UniCredit: svalutazioni, target rivisti e cessioni di attività specifiche, tra cui immobiliari, per rafforzare il capitale.
UniCredit corre ai ripari di fronte a un contesto che, tra spread in altalena ed eredità della crisi turca, certo non aiuta. E così rivede i target sui ricavi al 2019 e mette in conto anche una serie di cessioni di attività specifiche, tra cui immobiliari, per rafforzare la base di capitale.
È una manovra a sorpresa, quella varata ieri da Jean Pierre Mustier. Il ceo di UniCredit spiazza analisti e mercato annunciando di aver realizzato nel terzo trimestre un mix di azioni relative a eventi non ricorrenti: l’azione principale è la svalutazione della quota (40%) nella banca controllata in Turchia, Yapi Kredi, per 846 milioni di euro. La fiducia verso Istanbul non manca, tanto che l’investimento è confermato e se ci sarà bisogno di aiuto, conferma il manager, UniCredit interverrà. Ma è evidente che la recente crisi del paese pesa sul valore della partecipazione. A questo si aggiungono accantonamenti addizionali (non precisati) a causa dell’imminente liquidazione delle presunte violazioni delle sanzioni americane in Iran.
Una doppia mossa all’insegna della prudenza, insomma, che il mercato mal digerisce (-2,6% il titolo a fine giornata) anche perché inevitabilmente pesano sui conti della banca. L’utile nel trimestre scende infatti a soli 29 milioni, un valore che depurato dalle componenti straordinarie tuttavia risale a 875 milioni, in progresso del 4,8% dell’anno precedente.
Turchia e sanzioni in prospettiva si fanno sentire anche sulla forza patrimoniale. La guidance sul Cet1 ratio fully loaded al 2018 viene aggiornata e abbassata tra l’11,5 e il 12 per cento, contro una stima precedente superiore al 12,5%, mentre nel 2019 l’indice è visto tra il 12% e il 12,5% contro un 12,3% stimato dagli analisti. Ce n’è abbastanza per pensare di mettere mano al patrimonio immobiliare, oggi pari a 9,1 miliardi (dato comprensivo di tutte le attività materiali). «Non è una cosa piccola - dice Mustier - ma aspettiamo a comunicare dettagli perché siamo in trattative».
Se la banca di Piazza Gae Aulenti ha deciso di limare al ribasso le attese sul capitale è anche per colpa di uno spread che si è rivelato ben più volatile delle previsioni. Complice la maggior rischiosità percepita dagli investitori rispetto ai Btp, il rialzo dello spread e il conseguente deprezzamento dei titoli in portafoglio - ha eroso 9 punti base di Cet1 nel terzo trimestre 2018. Ogni 100 punti base di aumento del differenziale, del resto, “costano” 35 punti base lordi e 25 netti sul Cet1 fully loaded. Di qui la decisione dell’istituto di cambiare strategia e rivedere l’intera gestione del portafoglio titoli di Stato. Entro la fine del 2019, l’obiettivo è di ridurre la “sensitività” ai Btp sul Cet1 ratio del 35 per cento. Nei fatti, l’intenzione è di portare a scadenza i titoli di Stato in portafoglio (pari 52 miliardi al fair value, con una vita media di 3,15 anni). Nel contempo però la banca intende riacquistare per lo stesso valore i bond che man mano scadono, così da mantenere inalterato l’attuale stock, ma facendo attenzione a spostare parte dei nuovi Btp dalla sezione a “Fair Value” a quella “Held to Collect”, così da non non dover registrare nuovi deprezzamenti (ma anche ipotetici riprese di valore).
Turchia, sanzioni e rischio spread, insomma, rendono il contesto macroeconomico «difficile» ammette la banca.Impossibile così non pensare di rivedere i target del piano al 2019. Sia sul fronte dei ricavi al 2018 (attesi ora a 19,7 miliardi dai precedenti 20,1 miliardi), che su quello dei costi, previsti al di sotto degli 11 miliardi. Confermata d’altra parte la stima sull’utile netto superiore ai 2,8 miliardi. Così come non cambiano i target di payout, tanto che Mustier si dice «confidente sulla profittabilità del gruppo».
Va detto che, in sè, la macchina della banca funziona. Nei primi nove mesi dell’anno i ricavi totali sono saliti del 2% rispetto all’anno precedente, a 4,8 miliardi, grazie ai maggiori ricavi commerciali che hanno compensato i minori proventi da negoziazione. Bene anche il margine di interesse (+3,2% trimestre su trimestre) e i costi operativi, scesi a 2,6 miliardi, -7,7% anno su anno.
Per dimostrare la sua fiducia, nella banca come nel piano, Mustier ha annunciato l’acquisto di azioni per 600mila euro e di altri 600mila in un bond Additional Tier 1: circa 1,2 milioni di euro, ovvero il suo stipendio lordo annuale. Titoli che Mustier ha annunciato di voler mantenere oltre il 2019.