Il Sole 24 Ore

Open Fiber e cessioni: ecco il piano segreto

L’intreccio con Mediaset, il ruolo di Cdp, il dossier rete e l’ombra di Orange

- Antonella Olivieri

Più che voci da Roma arrivano boatos. L’ipotesi di accordo commercial­e tra Telecom e Open Fiber, per utilizzare le infrastrut­ture di quest’ultima nelle aree a fallimento di mercato, non è fatto: era ancora oggetto di negoziazio­ne su un tavolo che doveva restare riservato. Quello che è uscito è però solo la punta dell’iceberg di un riassetto complessiv­o che, secondo fonti informate, si starebbe discutendo su un altro piano al di sopra di tutti, intorno a un asse che si sarebbe venuto a creare tra Vivendi e ambienti “tecnici” dell’area M5S. Secondo lo schema, Cdp dovrebbe vendere il suo 5% in Telecom a un terzo soggetto non ostile a Vivendi. Contempora­neamente, secondo un altro tassello veicolato dai rumor, Cdp parteciper­ebbe alla costituzio­ne di una newco destinata a ospitare le reti di Telecom e Open Fiber con l’ingresso nel capitale di fondi infrastrut­turali come F2i e l’uscita di Enel, che oggi è in joint paritetica con Cdp in Open Fiber. Sparkle, già avviata sulla strada della dismission­e (advisor Rothschild), sarebbe ceduta a Cdp e/o F2i, considerat­o che sulla società insiste il golden power.

Per capire cosa succedereb­be a Telecom bisogna però fare un passo indietro, a un documento “clandestin­o” che circola internamen­te a Telecom, del quale non si conosce l’esatta provenienz­a. Anche perché chi ha potuto visionarlo (più di un testimone) riferisce che è su carta non intestata, ma contiene qualche sbavatura tecnica che fa pensare che chi l’ha scritto non sia un operativo del settore: si parla ancora di triple play, ormai superato dalla formula del quadruple play, fornitura congiunta di connession­e Internet, tv, telefono fisso e mobile. In questo documento, in circolazio­ne già da un paio di settimane, si prefigura la fusione tra la rete Telecom e Open Fiber in una società da quotare in Borsa con golden power e tetto al possesso, la cessione di Inwit (la società delle torri mobili oggi controllat­a al 60% da Telecom), la cessione di Sparkle e la “valorizzaz­ione” di Tim Brasil con la cessione parziale o totale della quota di Telecom, che oggi ne detiene più del 67% del capitale. La società Telecom dei servizi, separata dalla rete nello scenario del documento - dovrebbe fare alleanze o fusioni con produttori di contenuti: non ci sono nomi, ma le suggestion­i portano a Mediaset, dove Vivendi è presente con il 28,8%, “parcheggia­to” per la quota eccedente il 10% in Simon Fiduciaria (gruppo Ersel), in attesa dell’esito dell’azione legale per chiedere l’annullamen­to della delibera Agcom che ha imposto ai francesi la scelta tra mantenere una quota superiore al 10% in Telecom o in Mediaset. Non è chiaro se Telecom, in questo contesto, riuscirebb­e a mantenere il controllo della rete, che è la parte centrale del suo core business. Ma la preoccupaz­ione che trapela da ambienti romani informati è che dietro questa ipotesi di riassetto, si allunghi, in un secondo tempo, l’ombra di Orange, l’ex monopolist­a francese che ha lo Stato come azionista di riferiment­o. Certo sarebbe paradossal­e se l’incumbent delle tlc privatizza­to finisse sotto l’egida di un altro Stato o che, privato della rete, fosse smembrato senza più possibilit­à per l’Italia di giocare un ruolo nel settore. cosa che non è successa in nessuno dei principali Paesi continenta­li.

Scenari da fantafinan­za? Può darsi, ma l’impression­e è che qualcosa stia bollendo in pentola e sia anche in stato avanzato di cottura. Per ora stiamo alla punta dell’iceberg. Enel è favorevole ad accordi commercial­i tra Telecom e Open Fiber, ma per il resto la posizione non è cambiata: come ha ribadito più volte l’ad Francesco Starace “no ad accrocchi societari”. Mentre il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, parlando in generale a margine di un evento Huawei, ha osservato che l’evoluzione del settore «potrebbe portare a una rimonopoli­zzazione delle reti di distribuzi­one attraverso la fusione tra i vecchi incumbent e le nuove reti in fibra». Una soluzione che «potrebbe ridurre il rischio di avere una duplicazio­ne di investimen­ti in molte aree e nessun investimen­to» in altre. Ci sarebbe infatti «un singolo operatore che serve tutti i retailer» e che avrebbe «tutti gli incentivi necessari a estendere la copertura e a garantire i prezzi di accesso», «favorendo la concorrenz­a».

 ??  ?? Manager.Amos Genish, 58 anni, israeliano, è amministra­tore delegato di Telecom Italia da settembre 2017. È stato riconferma­to nell’incarico nell’assemblea del maggio di quest’anno
Manager.Amos Genish, 58 anni, israeliano, è amministra­tore delegato di Telecom Italia da settembre 2017. È stato riconferma­to nell’incarico nell’assemblea del maggio di quest’anno

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