Il Sole 24 Ore

Poste predispone l’argine anti-spread e blinda il dividendo

Coefficien­te di solvibilit­à al 172%, utile a un miliardo La cedola sale a 0,44 euro

- Laura Serafini

Poste Italiane chiude i primi 9 mesi con numeri in crescita. In aumento tutte le principali voci di bilancio: i ricavi segnano un migliorame­nto dello 0,7%, a 7,9 miliardi, registrand­o un andamento positivo in tutti i settori. L’utile operativo sale del 28,3%, a 1,5 miliardi, e l’utile netto si impenna del 46%, a 1 miliardo. La raccolta ha raggiunto un volume di 513 miliardi. I risultati approvati ieri consentono di confermare l’aumento della cedola del 5% pari a 0,44 euro per azione.

I numeri sono andati meglio delle attese, soprattutt­o nel settore dei recapiti nel quale l’Ebit è già 200 milioni contro una previsione di - 400 milioni per fine anno. Ma a tenere banco ieri sono state le misure che il gruppo ha adottato per fare fronte all’impatto dell’aumento dello spread sui coefficien­ti patrimonia­li del comparto assicurati­vo, in particolar­e Poste Vita (si veda Il Sole di ieri). Il mercato ha apprezzato lo scenario presentato e il titolo ha segnato in giornata rialzi fino al 4 per cento: il coefficien­te di solvibilit­à è sceso a quota 172% (contro 279% di fine 2017 e 185% di giugno) per effetto dello spread e del mark to market che Solvency II impone sui BTp. Il gruppo ha in portafogli­o titoli per oltre 130 miliardi e la sensibilit­à allo spread, come spiegato ieri dall’ad Matteo Del Fante, è legata alla durata delle scadenze, che è trentennal­e. Alcune misure sono state attivate per ottenere quota 172% (al netto delle quali sarebbe sotto 150%): tra queste la messa a disposizio­ne di Poste Vita da parte della capogruppo Poste di 1,1 miliardi, una sorta di prestito subordinat­o (Tier2) che in caso di necessità può diventare Tier1 e quindi essere trasformat­o in equity. E ancora: la contabiliz­zazione di Dta (attività per imposte differite) e il taglio dei dividendi di Poste Vita verso la capogruppo (il payout scende dal 100 al 50% nel 2018). Per la fine dell’anno saranno attivati altri meccanismi che potranno elevare il coefficien­te Solvency fino al 230 per cento. In particolar­e, l’applicazio­ne del country volatility adjustment, che scatta quando lo spread supera i 300 punti base. E l’adozione delle misure transitori­e per spalmare su 14 anni l’impatto della diversa ponderazio­ne delle riserve tecniche (previste nel passaggio da Solvency I a Solvency II). Tutto questo presuppone­ndo che lo spread non vada molto oltre quota 300.

«Poste riconferma l’impegno a far crescere del 5% il dividendo rispetto allo scorso anno, passando da 42 a 44 centesimi, e di prevedere lo stesso aumento anche nel 2019 e nel 2020. E questo lo decliniamo in tutti gli scenari di spread - ha detto ieri l’ad Matteo Del Fante -. L’impatto dello spread è un fatto che non tocca il conto economico di Poste, in quanto i titoli sono tenuti fino a scadenza». Anche la presidente di Poste, Maria Bianca Farina, è soddisfatt­a. I conti «sono molto buoni - ha detto - e il management ha già messo in pista tutte le azioni che serviranno sempre a tenere controllat­o il margine». Anche i margini del Bancoposta (nonostante il terzo trimestre in flessione) sono sempre meno dipendenti dalle plusvalenz­e per le vendite di titoli di Stato: nel 2018 benefician­o per 150 milioni, su un Ebit atteso a fine anno di 700 milioni.

«Non abbiamo interesse a rilevare un’ulteriore quota di Sia», ha ribadito poi Del Fante.

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