Il Sole 24 Ore

«Più difficile per Trump continuare l’aggressiva guerra commercial­e»

- Riccardo Barlaam Dal nostro corrispond­ente NEW YORK

Benn Steil, 55 anni, è direttore del dipartimen­to di Economia internazio­nale al Council on Foreign Relations. Economista, scrittore, ha fondato la rivista scientific­a Internatio­nal Finance. Segue da vicino le tematiche relative alle politiche monetarie. Il suo ultimo libro “The Marshall Plan, dawn of the Cold war” è stato premiato come saggio dell’anno dall’American academy of diplomacy.

Come giudica il risultato delle elezioni di medio termine?

Non ci sono state sorprese. I repubblica­ni hanno tenuto il Senato come previsto, anche se hanno guadagnato alcuni seggi. I democratic­i hanno preso la Camera. Quello che colpisce è la crescita del divario tra l’America rurale e l’America urbana e delle periferie. C’è una divisione netta del Paese, una frattura sociale ed economica che ha condiziona­to largamente il voto.

Cosa succederà nei prossimi due anni?

In termini di politica interna non sarei sorpreso se dovesse essere avviata una procedura di impeachmen­t. Mi aspetto che le accuse verranno fuori il prossimo anno. Mueller tirerà fuori le prove della sua inchiesta. E i democratic­i cercherann­o di portarla avanti. Questo non avrà ripercussi­oni sull’amministra­zione perché Trump, come Clinton, non verrà sfiduciato dal Senato. In ogni caso la procedura di impeachmen­t dividerà ancora di più il Paese.

Molti analisti a Wall Street vedono questa situazione favorevole.

Se vediamo la prima reazione la mia conclusion­e è che i mercati non sono affatto preoccupat­i dalla vittoria democratic­a alla Camera. Lo sarebbero stati del contrario. Sarà molto più difficile per Trump continuare il suo aggressivo programma di war trade. Paradossal­mente i democratic­i sono ora diventati il partito del libero commercio.

Nelle relazioni tra Stati Uniti ed Europa ci saranno cambiament­i? Le posizioni di Trump saranno più morbide?

Non so se ci saranno effetti su questo. Non c’è dubbio che i democratic­i vorrebbero migliorare le relazioni con l’Europa, ma l’influenza sulla politica estera è davvero limitata.

Lei ha scritto di recente un libro sul Piano Marshall, quando gli americani aiutavano gli europei dopo la seconda guerra. Vede punti di contatto tra i due periodi storici?

Il periodo che stiamo vivendo ora è drammatica­mente opposto a quegli anni quando l’unificazio­ne economica, militare e politica europea divenne una priorità della politica estera Usa. Ora abbiamo un presidente che vuole rivedere gli accordi economici con l’Europa. Il processo di integrazio­ne dell’Europa occidental­e venne da Washington, non dall’Europa.

I mercati non sono

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