«Più difficile per Trump continuare l’aggressiva guerra commerciale»
Benn Steil, 55 anni, è direttore del dipartimento di Economia internazionale al Council on Foreign Relations. Economista, scrittore, ha fondato la rivista scientifica International Finance. Segue da vicino le tematiche relative alle politiche monetarie. Il suo ultimo libro “The Marshall Plan, dawn of the Cold war” è stato premiato come saggio dell’anno dall’American academy of diplomacy.
Come giudica il risultato delle elezioni di medio termine?
Non ci sono state sorprese. I repubblicani hanno tenuto il Senato come previsto, anche se hanno guadagnato alcuni seggi. I democratici hanno preso la Camera. Quello che colpisce è la crescita del divario tra l’America rurale e l’America urbana e delle periferie. C’è una divisione netta del Paese, una frattura sociale ed economica che ha condizionato largamente il voto.
Cosa succederà nei prossimi due anni?
In termini di politica interna non sarei sorpreso se dovesse essere avviata una procedura di impeachment. Mi aspetto che le accuse verranno fuori il prossimo anno. Mueller tirerà fuori le prove della sua inchiesta. E i democratici cercheranno di portarla avanti. Questo non avrà ripercussioni sull’amministrazione perché Trump, come Clinton, non verrà sfiduciato dal Senato. In ogni caso la procedura di impeachment dividerà ancora di più il Paese.
Molti analisti a Wall Street vedono questa situazione favorevole.
Se vediamo la prima reazione la mia conclusione è che i mercati non sono affatto preoccupati dalla vittoria democratica alla Camera. Lo sarebbero stati del contrario. Sarà molto più difficile per Trump continuare il suo aggressivo programma di war trade. Paradossalmente i democratici sono ora diventati il partito del libero commercio.
Nelle relazioni tra Stati Uniti ed Europa ci saranno cambiamenti? Le posizioni di Trump saranno più morbide?
Non so se ci saranno effetti su questo. Non c’è dubbio che i democratici vorrebbero migliorare le relazioni con l’Europa, ma l’influenza sulla politica estera è davvero limitata.
Lei ha scritto di recente un libro sul Piano Marshall, quando gli americani aiutavano gli europei dopo la seconda guerra. Vede punti di contatto tra i due periodi storici?
Il periodo che stiamo vivendo ora è drammaticamente opposto a quegli anni quando l’unificazione economica, militare e politica europea divenne una priorità della politica estera Usa. Ora abbiamo un presidente che vuole rivedere gli accordi economici con l’Europa. Il processo di integrazione dell’Europa occidentale venne da Washington, non dall’Europa.
I mercati non sono
affatto
preoccupati della vittoria democratica alla Camera. Lo sarebbero stati del contrario