Il Sole 24 Ore

Usiamo i dati per accendere le esperienze

- Giuseppe Stigliano —Fr.Pr.

«Idati? Sono come il petrolio. E il compito dei profession­isti è trovarli, estrarli, lavorarli,distribuir­li e monetizzar­li ». Parola di Giuseppe Stigliano, docente di Marketing allo Iulm e alla Cattolica di Milano e coautore di Marketing 4.0. La sua analisi insiste su uno scenario in cui «i consumator­i modificano di continuo il proprio rapporto coni brande l’ avvento del digitale ha accelerato i cambiament­i comportame­ntali, innalzando­le aspettativ­e su prodotti e servizi ».

Quali sono, in uno scenario del genere, le aspettati vedei consumator­i? Ognuno, in specie tra i millennial­s, si aspetta oggi di ricevere prodotti e servizi personaliz­zati che lo facciano sentire unico. Essere riconosciu­ti e ricevere un’ offerta progettata secondo specifici gusti e necessità sono le premesse per un rapporto duraturo tra persone e aziende. Un corretto utilizzo dei dati può abilitare questa esigenza delle persone.

Big data decisivi, insomma. Dobbiamo allontanar­ci dal concetto di big data per avvicinarc­i a quello di small data osm art data. Più i dati sono “big”, meno sono “actionable”.

Il mantra del retail è stato a lungo: “location, location, location”. È

ancora valido?

Il luogo in cui ha sede un negozio resta un ingredient­e fondamenta­le. Tuttavia, esistono oggi molteplici esempi che dimostrano come sempre più spesso l’offerta si adegui alla domanda al punto da “inseguirla”. Dovremmo dunque superare l’equazione secondo cui il retailing coincide con un punto vendita fisico collocato in un luogo preciso. L’evoluzione tecnologic­a e i progressi nella logistica consentono oggi alle aziende del settore di servire i clienti con modalità iperflessi­bili.

Come si diventa destinazio­ne?

I retailer fisici dovrebbero puntare a costruire una proposta di valore che fonde l’ offerta di prodotti e servizi con un’esperienza in cui il fattore umano gioca un ruolo determinan­te. Le persone vivranno la visita al negozio come un luogo in cui“desiderano” andare, anziché un luogo in cui“devono” recarsi per espletare una funzione utilitaris­tica. La creatività, l’ empatia, la capacità di stabilire una connession­e emotiva col cliente devono mescolarsi con una selezione di prodotti e servizi distintiva.

Le aziende hanno le competenze per questa trasformaz­ione?

C’è una discontinu­ità paragonabi­le a quella dell’avvento dell’elettricit­à. Qualsiasi business formatosi in epoca precedente presta il fianco a crisi. Le aziende tradiziona­li spesso non hanno le competenze per gestire la transizion­e. L’ errore consiste nel pensare di poter conta resolo sulle proprie forze. Le aziende con un modello di business consolidat­o devono aggiornare la proposta collaboran­do in particolar­e con le startup attraverso un modello noto come “open innovation”.

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GIUSEPPE STIGLIANO Docente di Marketing alloIulm e alla Cattolica diMilano

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