Così la Marina di Rimini rischia il fallimento
Maxi-cartella esattoriale per 1,1 milioni, con il blocco dei conti e dell’operatività
Rischia di fallire, e di dover mandare a casa i suoi 40 lavoratori, la società Marina Blu, titolare della concessione del porto turistico di Marina di Rimini, con 650 posti barca. A portare l’azienda in questa situazione non sono problemi di business bensì l’aumento dei canoni demaniali dei porti turistici, deciso nella Finanziaria per il 2007 del Governo Prodi.
Dopo 10 anni di conteziosi con i porti e le associazioni di categoria, che si sono opposti a questa norma, nel 2017 la Corte costituzionale ha sentenziato che i nuovi canoni possono essere applicati «soltanto alle opere che già appartengano allo Stato, mentre per le concessioni di opere realizzate a cura del concessionario, ciò può avvenire solo al termine» e non già nel corso della concessione.
Ieri però Marina Blu - segnala Ucina Confindustria nautica - ha ricevuto, dall’Agenzia delle entrate, una cartella esattoriale per 1,1 milioni, a cui si è aggiunto il blocco dei conti correnti e quindi dell’operatività, nonostante la società abbia regolarmente versato i canoni pattuiti nel contratto concessorio. Questo perché la sentenza della Suprema corte è arrivata dopo che l’azienda aveva già esperito tutti i gradi di giudizio per opporsi all’aumento. «Ci chiedono aumenti retroattivi dei canoni – spiega Luigi Ferretti, presidente della spa – del 380%. E noi abbiamo sempre pagato i 100mila euro l’anno di canone che erano previsti nel contratto. Pignorando i nostri conti si ferma l’operatività del porto. Perché non possiamo pagare più nulla, neppure i fornitori e gli stipendi. Rischiamo di dover mandare a casa 40 lavoratori e mettere sul lastrico altrettante famiglie».
E’ il Comune di Rimini ad aver mandato avanti la pratica. «Ma i politici, compreso il sindaco – dice Ferretti – hanno capito bene il problema e condividono il nostro punto di vista. La procedura amministrativa però è andata avanti comunque ». Tra l’altro, rimarca Ferretti, le Entrate «hanno proceduto al pignoramento dei conti della società senza attendere l’esito dell’udienza di merito sulla sospensione delle cartelle esattoriali, fissata per il 18 dicembre prossimo presso il tribunale di Rimini. Così, già nei prossimi giorni non potremo onorare il nostro mutuo con le banche, come invece finora abbiamo sempre fatto. Già altre cartelle esattoriali erano state sospese dal tribunale e sono convinto che il giudice avrebbe sospeso anche questa».
Marina Blu paga un mutuo alle banche pari a 670mila euro ogni sei mesi. Mutuo che è stato acceso in seguito all’investimento, di oltre 50 milioni di euro, messo sul piatto dalla società per la realizzazione, la gestione e la manutenzione della darsena, la quale, peraltro, al termine della concessione diventerà proprietà dello Stato. Ovviamente, l’originario rapporto concessorio prevedeva canoni, per tutta la durata del rapporto, commisurati alla realtà economica dell’investimento, con riferimento a un piano finanziario approvato dalla parte pubblica e in equilibrio con i rischi d’impresa. Lo Stato ha poi modificato unilateralmente, con la Finanziaria 2007, i patti contrattuali, aprendo così la strada a un contezioso chiusosi nel 2017 con la sentenza di cui si è detto, della Corte costituzionale. Carla Demaria, presidente di Ucina, denuncia «un atteggiamento anti impresa che nuoce a tutto il settore e che va fermato, per evitare il contagio ad altre strutture della portualità turistica».
Rischiano infatti di subire lo stesso destino del porto di Rimini, spiega Roberto Perocchio, presidente di Assomarinas, altri 25 porti turistici italiani. «Per evitare questo – aggiunge – la nostra associazione insieme a Federturismo ha proposto un emendamento al Decreto fiscale del Governo, perché sia messo a punto un chiarimento normativo» che allinei l'eventuale rideterminazione dei canoni per i porti, da parte del Demanio, a quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale.