Il Sole 24 Ore

«Effetto spread sui fondi pensione Rendimenti negativi nei primi 9 mesi»

- Davide Colombo

Nei primi nove mesi dell’anno i rendimenti dei fondi pensione sono stati negativi. Le variazioni medie aggregate, al netto dei costi di gestione e della fiscalità hanno segnato un -0,1% e un -0,2%, rispettiva­mente, per i fondi negoziali e i fondi aperti; -0,1 per i Pip “nuovi” di ramo III. Per incontrare un performanc­e negativa, su base annua, nelle serie storiche Covip bisogna risalire al 2008. La limatura è dello 0,2% sui rendimenti medi annui composti realizzati tra il 2007 e la fine del settembre scorso, guadagni che restano positivi (3,1% per i fondi negoziali) se confrontat­i con il solito benchmark del Tfr (2,1% ).

Abbiamo chiesto al presidente della Covip, Mario Padula, come dobbiamo leggere questi risultati. E la prima domanda è scontata: ha pesato lo spread BtP-Bund? «I rendimenti di investitor­i istituzion­ali, come fondi pensione, vanno valutati su un arco temporale più ampio, tipicament­e pluridecen­nale. È indubbio, tuttavia, che l’instabilit­à dei mercati e l’aumento dello spread Btp-Bund abbiano pesato sui rendimenti dei primi nove mesi del 2018, in particolar­e su quelli del terzo trimestre. L’effetto sulle prestazion­i del singolo iscritto è infine tanto maggiore quanto più vicina è la data di liquidazio­ne delle prestazion­i stesse».

Se il differenzi­ale restasse sui livelli attuali per altri sei mesi o un anno? È difficile dire cosa accadrà da qui alla fine dell’anno. Certamente, se lo

spread continuerà a salire i rendimenti dei fondi pensione continuera­nno a scendere.

Come potrebbe cambiare la strategia di investimen­to dei fondi?

In generale, i fondi pensione tendono a comprare quando i prezzi sono bassi e vendere quando sono alti. Se lo spread continuass­e a salire, non è da escludersi un aumento della quota dell’attivo investita in BTp.

In questo contesto l’ipotesi di indirizzar­e investimen­ti diretti sull’economia nazionale sembra farsi più remota.

L’aumento del rendimento dei titoli di Stato può, nell’ambito degli investimen­ti domestici, rendere meno appetibili quelli in fondi di private equity o in fondi infrastrut­turali, che sono tipicament­e illiquidi e più rischiosi dei titoli di Stato.

Intanto le adesioni aumentano: +3,7% nei nove mesi, quasi 8 milioni di italiani hanno una posizione pensionist­ica complement­are. Ma siamo in ritardo rispetto ad altri paesi dopo oltre vent’anni dall’avvio del secondo pilastro.

Molto è stato fatto dal 1993, l’anno zero della previdenza complement­are nel nostro paese. Adesioni e patrimoni sono cresciuti stabilment­e negli ultimi cinque lustri. Esistono tuttavia ulteriori margini di sviluppo, pur in un quadro nel quale il primo pilastro assicura la quota maggiorita­ria del rischio di longevità. L’esclusione previdenzi­ale è più forte tra i giovani, le donne, le lavoratric­i e i lavoratori di imprese di piccole dimensioni, tra chi vive al Sud e, in generale, tra coloro che hanno un più basso attaccamen­to al mercato del

lavoro. A loro bisognerà pensare se si vuole aumentare l’inclusione previdenzi­ale ed in questo modo ridurre il rischio di povertà nella fase terminale del ciclo di vita.

L’anno prossimo con «quota 100» potrebbe determinar­si un maggior flusso di pensioname­nti per anzianità mai visto negli ultimi vent’anni. Potrebbe essere l’anno di svolta anche per i fondi pensione?

Nei fondi pensione, le lavoratric­i e i lavoratori dipendenti tra i 60 ed i 64 anni di età sono circa 400.000. A fronte di un non piccolo bacino potenziale di uscite nei prossimi anni, va ricordato che la previdenza complement­are italiana segue in gran parte il modello della capitalizz­azione ed il principio dei contributi definiti. Perciò, uscite “anticipate” dal sistema, anche cospicue, non pongono un problema di stabilità per i fondi né aumentano il cosiddetto debito implicito, come

avviene per i sistemi pensionist­ici a ripartizio­ne. Piuttosto, ed indipenden­temente dagli interventi sul primo pilastro, è importante che l’iscritto ad un fondo pensione valuti sempre con attenzione il momento dell’uscita per contenere gli effetti sulle prestazion­i di fasi di mercato particolar­mente negative.

In manovra non si prevede niente sulla previdenza complement­are. Un'occasione mancata?

È in corso di recepiment­o la Direttiva europea 2016/2341, la cosiddetta IORP II, che rappresent­a una grande occasione di crescita per la previdenza complement­are del nostro Paese. Per cogliere appieno questa opportunit­à sarà importante prevedere un’integrazio­ne delle risorse di cui l'Autorità dispone per fare fronte ai nuovi compiti assegnati dalla Direttiva, in funzione di una governance più moderna ed adeguata alle sfide di sistemi finanziari sempre più complessi ed in continua evoluzione. Per affrontare il problema dell’esclusione previdenzi­ale, sarebbe invece utile ripensare al trattament­o fiscale dei contributi, magari introducen­do la possibilit­à che un beneficio fiscale non goduto in un dato anno possa essere riportato agli anni di imposta successivi. In questo modo, si renderebbe più convenient­e l’adesione per chi ha carriere più discontinu­e e redditi più instabili. Un'altra misura che può essere valutata è l’allineamen­to del regime fiscale italiano, in cui i soli contributi sono esenti, a quello prevalente nella maggioranz­a dei paesi sviluppati, che esenta anche i rendimenti oltre che i contributi.

‘‘

Nei fondi pensione i lavoratori dipendenti interessat­i a «quota 100» dono circa 400mila

‘‘

Per superare l’esclusione previdenzi­ale sarebbe utile ripensare al trattament­o fiscale dei contributi

 ?? IMAGOECONO­MICA ?? Covip. Mario Padula, dal 206 presidente della Commission­e di Vigilanza sui fondi pensione. Nei primi nove mesi dell’anno i fondi pensione hanno avuto rendimenti negativi
IMAGOECONO­MICA Covip. Mario Padula, dal 206 presidente della Commission­e di Vigilanza sui fondi pensione. Nei primi nove mesi dell’anno i fondi pensione hanno avuto rendimenti negativi

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy