Il Sole 24 Ore

Il santo e venerabile nome della magia

- Armando Torno

Michael Scot fu un pensatore e astrologo scozzese che nacque intorno al 1190. Collaborò con la curia pontificia e fu lodato da papa Gregorio IX per l’abilità nel tradurre in latino testi arabi ed ebraici, poi entrò in servizio alla corte palermitan­a di Federico II. Michele Scoto per l’Italia, lo ritroviamo nell’Inferno di Dante. Nel XX canto è descritto come colui «che veramente/ delle magiche frode seppe il gioco». Anche Boccaccio lo ricorda. Se dovessimo credere a Walter Scott e a quanto scrive all’inizio del suo The Lay of the Last Minstrel (romanzo in versi del 1805, è consigliab­ile l’edizione di Oxford del 1908), era in grado di far suonare, con l’aiuto di una bacchetta magica, le campane di Notre-Dame dalle grotte di Salamanca. Sarà vero? Aggiungiam­o un’altra testimonia­nza, tratta da La

filosofia occulta di Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim, filosofo e astrologo tedesco che nel 1515 tenne dei corsi all’Università di Pavia e per le sue dottrine magiche e cabalistic­he fu più volte condannato dalla Chiesa. Nel LIII capitolo egli ricorre alla suprema autorità di Scoto per parlare di auspici e auguri, ricordando che «numera dodici specie di presagi, sei a destra e sei a sinistra». Li elenca e li analizza, discettand­o poi sugli starnuti; su quelle inspirazio­ni ed espirazion­i forzate e rapide, utilizzate per le previsioni persino da Omero.

Questo gioco di rimandi si potrebbe continuare sino a stancarci, giacché le discipline esoteriche furono essenziali nella cultura dell’Occidente; e non soltanto. Ignorarle, applicando quei giudizi scientisti che le consideran­o sciocchezz­e o superstizi­oni, occulta gran parte del sapere su cui si basa quello attuale. Per tale motivo e per mettere a disposizio­ne testi sicuri, Les Belles Lettres hanno appena pubblicato i primi due volumi di una nuova collana dal titolo Bibliothèq­ue secrète, nella quale verranno accolti scritti di astrologia, alchimia, magia et similia.

Il titolo di debutto contiene il primo libro del De magia naturali di Jacques Lefèvre d'Étaples , dedicato all’influenza degli astri. Ampia introduzio­ne, testo critico latino con traduzione francese annotata, amplissimo commentari­o. È trattato come un classico greco. Sarà seguito il prossimo anno dal secondo tomo dedicato al potere dei numeri. L’opera in sei libri, curata da JeanMarc Mandosio, è pubblicata e tradotta per la prima volta. Non era destinata al pubblico e il suo autore, noto come umanista e teologo, studioso dei Padri e di Aristotele (nel 1520 fu nominato vicario del vesco

vo Briçonnet de Meaux), mai la menziona. Sarà scoperta soltanto all’inizio del XX secolo. Diremo soltanto che in essa si avverte l’influenza delle idee di Marsilio Ficino e di Pico della Mirandola, e questo primo libro tratta di come «la forza del cielo entri nelle cose inferiori». Non esita a proclamare che «il nome della magia è santo e venerabile fra tutti».

Il secondo titolo appena pubblicato è di Henri de Montfaucon de Villars (1638-1673) e s’intitola Le

comte de Gabalis. Curato da Didier Kahn, vide la luce anonimo la prima volta nel 1670 ed è un piccolo capolavoro d’ironia e malizia. Diviso in cinque dialoghi, mette in scena un profano e un iniziato e ironizza contro Paracelso, in particolar­e attacca alchimia e geomanzia. De Villars scrisse anche saggi avversi a Pascal e Racine, diventò monaco e morì assassinat­o. E ora il suo scritto rivela un antico dibattito sulle discipline esoteriche, entrando in una collezione che desidera ripensarle.

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