Il Sole 24 Ore

Stp, peso incerto dei profession­isti

Interpreta­zioni opposte di Commercial­isti e Notariato sulla percentual­e obbligator­ia sia come numero sia come titolarità

- Angelo Busani

Sull’assetto (incerto) delle Stp interviene il Tribunale di Treviso: ci vogliono 2/3 dei soci profession­isti sia “per teste” sia “per quote”.

Società tra profession­isti ancora in mezzo al guado sui “paletti” alla composizio­ne. Dopo le opposte interpreta­zioni del Notariato e del Cndcec, arriva un’ordinanza del Tribunale di Treviso (si veda il servizio a destra) a rinforzare l’interpreta­zione per cui la Stp richiede due terzi dei soci profession­isti sia per teste sia per quote. Ma andiamo con ordine.

Le nuove società

Dal 1° gennaio 2012, la legge 183/2011 consente la costituzio­ne di Stp, cioè le società per l’esercizio di attività riservate a iscritti a Ordini o Albi profession­ali. Possono esserne soci: i profession­isti iscritti a Ordini, Albi e collegi, i profession­isti di Stati Ue, soggetti non profession­isti (ma «soltanto per prestazion­i tecniche») e soggetti non profession­isti «per finalità di investimen­to» (i soci di capitale).

La legge 183 tace sullo specifico tema della ripartizio­ne del capitale tra profession­isti e non profession­isti (legittiman­do anche il caso di una Stp con profession­isti titolari del 90% del capitale sociale e non profession­isti con il 10%, e viceversa), occupandos­ene solo indirettam­ente (articolo 10), in quanto disciplina il tema del quorum decisional­e occorrente per l’adozione delle decisioni dei soci affermando che «il numero dei soci profession­isti e la partecipaz­ione al capitale sociale dei profession­isti deve essere tale da determinar­e la maggioranz­a di due terzi nelle deliberazi­oni o decisioni dei soci». Nulla è invece detto sulla composizio­ne degli organi: e quindi è ipotizzabi­le, ad esempio, che in una società in accomandit­a semplice tra profession­isti, l’accomandat­ario sia un non profession­ista, così come un cda di una Spa profession­ale potrà essere, in tutto o in parte, composto da non profession­isti.

La successiva legge 124/2017 è poi intervenut­a per disciplina­re specificam­ente la Sta, società tra avvocati, che ha per oggetto l’esercizio della profession­e forense (ma che può svolgere anche altra attività profession­ale, oltre a quella dell’avvocato). La legge 124/2017 afferma che: 1) i soci devono essere profession­isti (ma non necessaria­mente tutti avvocati) «per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto» (il restante 1/3 può dunque appartener­e a chiunque: persone fisiche o giuridiche, profession­isti o no); 2) l’«organo di gestione» deve essere costituito solo da soci; 3) la «maggioranz­a dei membri dell’organo di gestione deve essere composta da soci avvocati». Con evidente mancanza di raccordo tra le due discipline.

La legge 183/2011 non è chiara e l’articolo 10 cita un quorum necessario solo per le decisioni

Le diverse interpreta­zioni

Il fatto che la legge 183, riferendos­i al quorum occorrente per le decisioni dei soci (e, indirettam­ente, alla composizio­ne del capitale sociale) faccia il predetto farraginos­o riferiment­o sia ai profession­isti considerat­i come “teste” (i due terzi rispetto al numero complessiv­o dei soci) sia come “quote” (i due terzi del capitale sociale) non permette di comprender­e esattament­e se la norma sia da intendere nel senso che entrambe queste caratteris­tiche devono ricorrere oppure basti una sola di esse per costituire una Stp.

È evidente che il legislator­e ha inteso emanare un’unica norma, valevole sia per le società (come le società di persone e le cooperativ­e) dove i soci pesano in quanto “teste”, sia per società (come le società di capitali) in cui valgono per le quote di capitale: ma con il risultato che non è poi chiaro se qualsiasi tipo di Stp deve essere organizzat­o sia per “teste” che per “quote”.

Un’interpreta­zione meno rigorosa era stata formulata nel mondo notarile: in particolar­e, i notai del Triveneto (massime Q.A.9, Q.A.10 e Q.A.19) e il Consiglio nazionale del notariato (Studio n. 224-2014/I) si erano espressi nel senso di ritenere legittima qualsiasi conformazi­one statutaria dalla quale, in concreto, discendess­e un’incidenza dei soci profession­isti per almeno i 2/3 dei voti esprimibil­i nelle decisioni dei soci.

Un’interpreta­zione completame­nte contraria è invece pervenuta dal mondo dei commercial­isti: il Consiglio nazionale dei dottori commercial­isti nella sua nota prot. PO 319/2017 del 30 aprile 2018 (replicando sua nota prot. PO 150/2014) ha infatti affermato che nelle Stp il numero dei soci profession­isti (intesi come “teste”) deve essere pari almeno ai due terzi del numero totale dei soci e che le quote di partecipaz­ione al capitale sociale di titolarità dei soci profession­isti devono essere pari ad almeno i due terzi del capitale sociale.

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