Mutui, tassi in crescita per colpa dello spread salito a quota 300
Fino a 30 punti in più per i nuovi prestiti casa a tasso fisso e 20 per il variabile Iniziato a luglio il trend è in accelerazione e riguarda tutti i principali istituti Tendenza confermata se i costi di raccolta per le banche saliranno
Si fa sempre più lungo l’elenco delle banche che hanno aumentato i tassi di interesse sui mutui. Da giovedì si aggiungerà Unicredit che aumenterà il costo dei futuri contratti tra i 10 e i 30 punti base per il tasso fisso e di 20 punti base per il variabile. La decisione di Unicredit è solo l’ultima e conferma il trend iniziato a luglio scorso a cui si sono via via adeguati tutti i principali istituti che erogano mutui in Italia. La prima era stata Intesa Sanpaolo che aveva aumentato di 5 punti base (lo 0,05%) il tasso sul fisso, ritocco a cui ne sono seguiti altri a ottobre e novembre. C’è anche qualche eccezione, come Bper Banca che a ottobre ha tagliato il costo dei mutui di surroga di 25 punti base. In media gli spread da luglio ad oggi sono aumentati di 15-30 punti base per il fisso e di 10-20 per il variabile.
La ragione degli aumenti, come ha spiegato l’a.d. di Intesa Sanpaolo è soprattutto una: l’aumento del costo della raccolta del denaro. Il balzo dello spread BTp-Bund - che a maggio quotava 120 punti base e ieri è tornato a superare i 300 - ha indebolito il patrimonio delle banche italiane che hanno in portafoglio circa 400 miliardi di titoli di Stato. In prospettiva ciò rischia di ripercuotersi sui costi delle emissioni dei nuovi bond bancari. A ciò si aggiungerà la fine del Quantitative easing della Bce nel 2019. Ieri agli Stati generali del credito in Assolombarda il presidente Carlo Bonomi ha chiesto al Governo un «cambio di rotta, finché si è in tempo» per evitare un nuovo credit crunch.
All’elenco (sempre più fitto) di banche che stanno aumentando i tassi sui nuovi mutui si unisce anche UniCredit. Da giovedì - secondo quanto risulta al Sole 24 Ore-l’ istituto di PiazzaGaeAulen ti aumenterà il costo dei futuri mutui a tasso fisso trai 10 e i 30 punti base e di 20 sul variabile. Una scelta che ricalca un trend intrapreso dall’estate dalle principali banche che erogano mutui in Italia. A rompere gli indugi è stata Intesa Sanpaolo che da luglio ha aggiornato di 5 punti base (0,05%) il tasso finito offerto sui mutui a tasso fisso. Per poi intervenire con altri ritocchi a ottobre e novembre. A parte qualche eccezione - fra cui Bper Banca che ad ottobre ha tagliato il costo dei mutui di surroga di 25 punti base - la linea intrapresa dagli istituti di credito è di aumentare i tassi sui nuovi prestiti.
«Alcune banche, che spiegano una fetta rilevante delle erogazioni e che hanno un ruolo di “price maker”, hanno aumentato mediamente gli spread da luglio di 15 - 30 punti base per i mutui a tasso fisso – mutui che spiegano ad oggi circa oltre il 70% delle erogazioni - e di 10 - 20 punti base per i mutui a tasso variabile. Con un’accelerazione progressiva ad ottobre e inizio novembre», spiega Stefano Rossini, ad di MutuiSupermarket.it .
E potrebbe non essere finita qui, come ha dichiarato lo stesso ad di Intesa San paolo Carlo Messina( si veda articolo a destra ). Ifat toriche stanno spingendo ari prezzare i tassi dei nuovi mutui sono numerosi. E vertono intorno a un unico punto: il tendenziale aumento del costo dellar accolta del denaro all’ ingrosso. Il balzo dello spread sul mercato obbligazi on ari o(BT p-B und )- che a maggio quotava 120 punti base e da diverse settimane orbita in area 300 ha indebolito il patrimonio delle banche italiane (che in portafoglio hanno circa 400 miliardi di tito lidi Stato ). Questo a cascata potrebbe impattare sui tassi che gli istituti pagherebbero per emettere nuovi bond bancari, uno dei canali di raccolta del denaro. Senza dimenticare che da inizio 2019 la Bce chiuderà i rubinetti del quantitative easing, ovvero non comprerà più nuovi BTp sul mercato secondario, e questo potrebbe indebolirebbe ulteriormente i valori in patrimonio. Inoltre, sui futuri mutui a tasso fisso ci sono altre due ragioni. Dallo scorsa estate i tassi Irs (una delle due gambe, insieme allo spread deciso dalla banca, che compongono il tasso fisso) sono saliti di 10-15 punti base. Quindi una buona parte dell’aumento incorso dei tassi è dovuto proprioa questo adeguamento tecnico. Va poi detto che nel 2018 gli spread sui fissi hanno toccato il minimo storico intorno a quota “0”, trasformando il mutuo in un prodotto ponte per attirare clienti a cui vendere in un secondo momento altri strumenti finanziari più profittevoli. Una strategia commerciale difficilmente praticabile a lungo.
Oltre all’aumento dei costi si sta registrando un altro effetto. In questa fase molti istituti stanno facendo melina sulle erogazioni. Dato che il tasso del preventivo in molti casi viene congelato per 60-90 giorni, c’è tutto l’interesse a far decadere questa finestra temporale in modo tale da applicare ai nuovi clienti i tassi aggiornati e certamente più cari rispetto a quelli offerti in fase di richiesta.
Va precisato, infine, che questo trend riguarda solo i futuri mutui. Chi sta già pagando un mutuo (sia a tasso fisso che variabile) non sta risentendo degli scossoni del mercato. Il fisso, per definizione, ne è immune. Il variabile, essendo ancorato agli indici Euribor, non si è mosso negli ultimi mesi. Questo perché gli Euribor non sono collegati all’aumento dello spread BTpBund ma possono salire solo in caso di gravi crisi di liquidità interbancaria (non alle porte) e/o di rialzi dei tassi della Bce (il prossimo è previsto, ma solo per 10 punti base, a fine 2019).
Accelerazione dei costi nel mese di ottobre e nell’inizio di novembre con la crescita delle tensioni sullo spread