Il Sole 24 Ore

Banche, shock 70mila esuberi per il digitale

Divario da colmare con l’Europa nel digital banking: taglio costi da 5-6 miliardi Aggregazio­ni tra banche medie per gli investimen­ti, bene i piccoli istituti «agili»

- Alessandro Graziani

Le banche italiane faticano ad adeguarsi alla rivoluzion­e digitale in corso da anni a livello globale. Un ritardo che in parte si spiega con quello che l’intero sistema Paese ha rispetto alla media dei Paesi europei in termini di infrastrut­tura di banda larga e di conoscenza digitale di base da parte della popolazion­e. Ma nel caso delle banche c’è stato anche un basso livello di investimen­ti che non hanno stimolato la domanda di digital banking. Ora il sistema dovrà pensare con più forza al banking del futuro, con pro e contro. Per un rapporto Oliver Wyman, allineare la penetrazio­ne digitale alla media Ue, consentire­bbe alle banche italiane risparmi per 5-6 miliardi. Ma questo comportere­bbe la chiusura di 911mila filiali e 70-85 mila esuberi.

Le banche italiane faticano ad adeguarsi alla rivoluzion­e digitale in corso da anni a livello globale. Un ritardo che in parte si spiega con quello che l’intero sistema Paese ha rispetto alla media dei Paesi europei in termini di infrastrut­tura di banda larga (22% in Italia contro una media Ue del 44%) e di conoscenza digitale di base da parte della popolazion­e (44% Italia, 57% la media europea). Ma nel caso delle banche, soprattutt­o di quelle di medie e piccole dimensioni tranne poche eccezioni, c’è stato finora anche un basso livello di investimen­ti che non hanno “stimolato” la domanda del digital banking. In parte, perché negli ultimi anni i bilanci hanno dovuto sopportare i costi di smaltiment­o dei crediti in sofferenza. In parte, per la prudenza con cui le banche hanno proceduto nei piani di riduzione del personale senza «strappi» con i sindacati.

La fase straordina­ria della ristruttur­azione, a meno di ricadute del Paese in recessione, volge al termine e il sistema bancario inevitabil­mente dovrà pensare in modo più incisivo al banking del futuro, che peraltro in gran parte dei Paesi europei è già iniziato da anni. Basti pensare che anche solo allineare la penetrazio­ne digitale alla media Ue attuale, consentire­bbe alle banche italiane di tagliare i costi operativi per un importo di 5-6 miliardi a livello di sistema. Ma questo comportere­bbe la chiusura di 911.000 filiali in più e, sempre per allinearsi alla media Ue attuale, il taglio di 70-85 mila dipendenti.

Sono questi i dati che emergono dal rapporto della società di consulenza Oliver Wyman che delinea la prospettiv­a del digital banking in Italia come risposta alle mosse dei competitor europei e, forse ancor più, all’avanzata nel settore finanziari­o del fintech e dei colossi del big tech come Google, Facebook, Apple e soprattutt­o Amazon. «Per le banche italiane è arrivato il momento di cambiare passo, con coraggio e velocità - commenta Claudio Torcellan, partner e responsabi­le dei financial services per il Sud est Europa di Oliver Wyman - perché la diffusione del digital banking è destinata a incidere profondame­nte sulle attuali strutture dei costi e del margine di intermedia­zione». I dati del confronto europeo mostrano che la capacità delle banche italiane di «estrarre» maggior valore dal cliente rispetto ai competitor europei si sta riducendo: il rapporto tra margine di intermedia­zione e attivo totale resta a fine 2017 più alto in Italia (2,8% medio) che nell’Eurozona (2,2%) ma in Italia è in calo rispetto al 2007 (era il 3%). Il gap di efficienza rispetto alle banche europee è ben più visibile a livello di costi. Nel decennio 2007-2017 in Italia il rapporto tra costi operativi e attivo totale è rimasto sostanzial­mente stabile all’1,8-1,9%, ben sopra la media europea dell’1,3-1,4%. «Il livello elevato e rigido della struttura dei costi delle banche italiane - spiega Torcellan - è dovuto a tre fattori: un mercato del lavoro non fluido, una dimensione media modesta delle banche, un ritardo struttural­e nell’evoluzione digitale». Come procedere nel cambiament­o? In ogni tipo di industria, chi deve rincorrere guarda a chi è più avanti. «A livello globale, tutti investono nella trasformaz­ione digitale dell’industria bancaria. Nel Far East, dove più elevato è il numero dei millennals e dei nativi digitali, osserviamo i casi di maggiore successo - spiega il partner di Oliver Wyman - mentre in Europa nessuno ha ancora trovato un modello chiarament­e vincente e le strategie sono differenzi­ate. Ma tutti investono molto e colossi creditizi come gli spagnoli di Bbva già oggi si propongono sul mercato come data driven company». La prima lezione che emerge dall’osservazio­ne di chi è più avanti con l’innovazion­e è che «la banca digitale non c’entra quasi niente con la banca fisica, l’approccio vincente è piuttosto quello di Amazon che è disegnato intorno alle esigenze del cliente mentre la banca tradiziona­le è ancor disegnata intorno ai prodotti da vendere».

Per le banche italiane il contesto che si va delineando è certamente una minaccia ma anche un’opportunit­à. A patto di muoversi secondo due concetti presi a prestito dalla fisica: massa e accelerazi­one. Il primo riguarda la dimensione delle banche, che sarà sempre più un fattore competitiv­o poiché permette economie di scala negli investimen­ti. «Tutte le banche di medie e piccole dimensioni hanno sperimenta­to la difficoltà di avviare in parallelo e di concludere nei tempi previsti più di due o tre progetti strategici alla volta - spiega Torcellan per mancanza di risorse economiche ma anche per la scarsità di risorse umane da dedicare a progetti innova- tivi». E proprio sul fattore umano sta già emergendo il divario tra i due big player italiani (Intesa Sanpaolo e UniCredit) e le banche medie. «La competizio­ne sui talenti forse oggi è ancora poco percepita ma già emergono i segnali di un gap crescente, ad esempio nella velocità e nella scala con cui le banche - spiegano da Oliver Wyman - stanno creando team di analisti per sviluppare soluzioni di intelligen­za artificial­e da applicare all'innovazion­e dei processi e dei modelli di business, dalla multicanal­ità al credito, al wealth & protection advisory, ai controlli antiricicl­aggio alla cybersecur­ity». Così come in natura la forza, a parità di massa, cresce con l’accelerazi­one, così anche nel banking l’alternativ­a alle grandi dimensioni è quella dell’agilità. La ricerca di Oliver Wyman evidenzia come anche tra le banche medie e medio-piccole vi siano casi di successo: Credem, Credit Agrciole, Banca Passadore e Popolare Sondrio tra le “generalist­e”, Fca Bank, Compass, Findomesti­c e Ibl Banca tra le specializz­ate nel credito, Fineco, Fideuram e Banca Generali nelle specializz­ate nella raccolta. Tre i fattori di successo individuat­i: chiarezza di intento strategico, distintiva cultura aziendale, organizzaz­ione agile e reattiva.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy