Saracco: «Con la doppia laurea più flessibilità nei percorsi di studio»
«Da nerd chiuso nel suo ufficio e spesso in se stesso può diventare un affascinante risolutore di problemi capace di relazionarsi con il prossimo e un’arma per il progresso della società». È l’evoluzione che il rettore del Politecnico di Torino, Guido Saracco, immagina per le figura dell’ingegnere qualora andasse in porto l’idea del ministro Marco Bussetti di cancellare il divieto di iscrizione a due corsi di studi. E gli atenei fossero liberi di lanciare le doppie lauree, sul modello dei double degree, da soli o in sinergia con altre accademie italiane (su cui si veda Il Sole 24 Ore di lunedì 12 novembre). Così da formare delle nuove professionalità trasversali e al passo con i tempi.
Che ne pensa della proposta del ministro Bussetti?
La vedo bene. Innanzitutto perché va in direzione di una maggiore flessibilità che è un requisito crescente del mercato del lavoro. Oggi i tempi di risposta da quando prendo in carico una matricola a quando è in grado di produrre impatto sulla società sono epocali. Noi formiamo soprattutto ingegneri, con una forte componente di base. Li facciamo come una volta. Ma questi laureati - ed è un mio cruccio da tempo - non guardano alle Pmi, escono dall’università in media dopo 7 anni e mezzo e non riescono a incidere sulla società.
In che senso?
Oggi l’ingegnere che formiamo è troppo rigido e sconta una scarsa collaborazioneconlealtrediscipline.Nei prossimidiecianniilmondodellavoro
Bene la proposta Bussetti, troppo lunghi i tempi tra l’inizio dei corsi e l’impatto sulla società
Guido Saracco RETTORE POLITECNICO TORINO
sarà completamente cambiato. È chiaro allora che devo contaminarlo rendendolo più flessibile e capace di qualificarsiinunramocheoggiancora non tira e che domani invece tirerà.
In quali ambiti?
Penso a data science, neuroscienze o valorizzazione dei beni culturali che sono stati appena lanciati dal Cun. Guardando avanti immagino due possibili versanti: il primo è che possiamo far crescere percorsi misti su scala locale con l’università di Torino perfarsìchel’ingegnereprimaancora diprogettaresapràintuireiproblemi epredireledinamichesociali.Ilsecondoambitoèrappresentatodaqueisettoridicontiguitàdisciplinarecheoggi hannounademarcazionenetta.Pensoaingegneriabiomedicaemedicina. Dei nostri 500 ingegneri biomedici una buona metà voleva fare anche il medicomaèstatoscoraggiatodaitest di ingresso in medicina. E questo svantaggialenostreuniversitàrispetto alle straniere. Avere più flessibilità ciconsentirebbediattrarrepiùcervelli dall’estero e di trattenere i nostri.