Boccia: manovra insufficiente a centrare gli obiettivi di crescita
La sfida è il lavoro ma non si incentivano occupazione stabile e investimenti
La stima del governo di un pil all’1,5 nel 2019 «è troppo ambiziosa». E la manovra è «insufficiente a realizzare gli obiettivi di crescita» indicati, con il «rischio di rendere non sostenibili gli obiettivi del contratto di governo». È l’analisi che Vincenzo Boccia ha presentato nell’audizione di ieri nelle Commissioni Bilancio di Camera e Senato. Una riflessione sulle misure, con una serie di proposte per rispondere alla «prima grande sfida che è il lavoro».
Ve bene il metodo, ha sottolineato Boccia, è cioè la decisione di superare il tetto del rapporto deficit/Pil, puntando alla crescita, che è la «chiave»: se ci sarà, l’Italia potrà mettersi alla testa del processo riformatore in Europa, «che non deve mettere in discussione il valore irrinunciabile della Ue e dell’euro, ma far sì che la cornice europea torni ad essere motore di sviluppo». Se la crescita non ci sarà, lo sforamento porterà più deficit e più debito «mettendo a rischio la nostra credibilità».
Per il presidente di Confindustria le misure sono «più orientate ai consumi e poco agli investimenti». Per il 2019, su 41 miliardi, 28 sono per i consumi. Non è solo una questione di risorse: «Manca una visione di politica economica», ha detto Boccia, e i provvedimenti per gli investimenti «sono disorganici e frammentari». È un approccio complessivo, invece, quello che arriva da Confindustria, come ha sottolineato Boccia rispondendo ad una delle domande dei parlamentari, un «intervento organico di politica economica», che mette al centro il lavoro, con il piano inclusione giovani, prevedendo una detassazione e decontribuzione totale almeno per i primi due anni; un potenziamento degli incentivi ai premi aziendali per favorire lo scambio salariproduttività; il potenziamento della formazione: «Spostare 5 miliardi di euro l’anno verso questi strumenti avrebbe un effetto potente su crescita e occupazione strutturale». Le misure per ridurre il cuneo fiscale e favorire la dinamica virtuosa salari-produttività «sono del tutto marginali o assenti». Non si intravede una strategia di sostegno finanziario alle imprese: c’è una «contradditorierà degli interventi sulla tassazione d’impresa», in particolare la flat tax potrebbe aumentare la disparità di trattamento tra i contribuenti e disincentivare il lavoro stabile. Un combinato che aggiunto al depotenziamento di Industria 4.0 e credito d’imposta su ricerca e sviluppo produrrà una penalizzazione per le aziende pari a 1,6 miliardi per il 2020. Infine non si dà avvio a un processo di vera analisi e revisione della spesa. Sul reddito di cittadinanza Boccia non contesta la misura, ma è preoccupato per le «derive assistenzialistiche» che si potrebbero generare con un reddito garantito a 780 euro, contro gli 850 del primo impiego di un under 30, e consentendo plurime rinunce. Quanto a quota 100 non è dimostrato che porti più occupazione. Queste due misure, ha sottolineato, rischiano di minare il bilancio pubblico.
Per crescere occorre rilanciare gli investimenti privati e pubblici, aprendo i cantieri e facendo le infrastrutture. Bisogna dare continuità a Industria 4.0 «non un incentivo ma una linea di politica fiscale», ampliando il perimetro al rafforzamento del capitale umano; garantire stabilità nel tempo al credito d’imposta per gli investimenti al Sud; sulle infrastrutture vanno snellite le procedure e semplificato il Codice degli appalti. Inoltre va rafforzata la struttura finanziaria delle imprese, canalizzando la raccolta dei Pir verso le Pmi, innalzando il Fondo di garanzia a 5 milioni di euro; smaltire i pagamenti della Pa, temi su cui «la manovra interviene in modo frammentario». Sul debito pubblico «tallone d’Achille dell’economia» la strada per farlo scendere resta la crescita. In serata è uscita una nota dei deputati 5Stelle della Commissione Bilancio sulle affermazioni di Boccia su quota 100 e reddito di cittadinanza: i 780 euro, sostengono, sono la soglia di povertà sancita da Eurostat, accettare uno stipendio poco superiore è dovuto ad sistema economico che non funziona.