Pmi, Bonomi: cambio di rotta per evitare il credit crunch
Libro bianco sul credito Messina (Intesa Sanpaolo): pronti 50 miliardi per il 2019
Il tempo stringe. E se non si inverte la rotta entro pochi mesi le Pmi potrebbero subire una nuova stretta sui prestiti. A lanciare l’allarme è Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, proprio nel giorno in cui la maggiore territoriale di Confindustria avvia gli stati generali del credito, due giorni di dibattito articolati attorno alla presentazione del libro bianco sul settore, il terzo dopo i dossier dedicati a Lavoro e Fisco. Ma prima delle proposte, dei suggerimenti per migliorare il rapporto tra banche e imprese, dell’analisi delle nuove alternative possibili al credito tradizionale, viene la preoccupazione per il momento attuale, segnato soprattutto dall’incertezza. «A lungo andare questo livello di spread si scaricherà a valle sulle imprese - spiega Bonomi- e con un livello attorno a quota 350 del resto ci saranno problemi per la sostenibilità del sistema bancario, molte banche potrebbero andare in difficoltà». Un problema in più, che si innesta su un quadro attuale già non particolarmente favorevole, tra fine del Qe, costi di compliance accresciuti, decollo del Fintech che mette ulteriormente sotto pressione i margini tradizionali di intermediazione. «Fattori - spiega Bonomi - che rischiano di aggravare l’attuale situazione che vede le imprese italiane molto scarse di private equity e scarsissime di venture capital per finanziare l’innovazione: un nono rispetto alla Francia, un undicesimo rispetto alla Germania». Alle preoccupazioni immediate, che riguardano l’intero impianto dell’azione dell’esecutivo, i tanti no alle infrastrutture che fanno pensare alla «volontà di affossare il Nord» e la mancanza di misure pro-crescita si aggiunge però un progetto di lungo termine, nella consapevolezza che il credito rappresenti un carburante essenziale per lo sviluppo. È il punto di partenza del libro bianco sul credito, che auspica un cambio di passo a favore delle imprese. Necessario nonostante alcune recenti innovazioni positive, che tuttavia non hanno risolto del tutto il tema dei finanziamenti. Come i Pir, che «hanno determinato crescenti condizioni di bolla per titoli quotati» o i minibond con numeri di emissioni largamente inferiori rispetto alla platea potenziale. Per modificare il quadro sono quattro le proposte avanzate. Un primo passo necessario è quello di puntare sui big data, dando la possibilità alle banche di interagire con questo immenso patrimonio informativo in arrivo dalle imprese per andare oltre la semplice valutazione di bilancio e affinare il rating anche sulla base di altre indicazioni. L’aggregazione, sullo schema del basket bond lanciato tra alcune aziende Elite, è visto come un secondo percorso virtuoso, estendendo quindi lo schema delle filiere e delle catene del valore. Un terzo ambito di manovra è il Fintech,piattaforme che con pochi click possono essere raggiunte dalle imprese. E infine, quarto aspetto, la spinta alle imprese nell’accompagnamento verso la quotazione. Prevedendo ad esempio la presenza di un direttore finanziario che incida nei processi, amministratori indipendenti in Cda, bilanci previsionali pubblici e politiche note di reinvestimento degli utili. Sul futuro del credito alle imprese è invece più ottimista Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, che da parte dell’istituto per il 2019 non vede alcun credit crunch in arrivo, dopo aver erogato 37 miliardi di euro a medio lungo termine a imprese e famiglie nei primi nove mesi del 2018. «La domanda per gli investimenti rallenta ma c’è ancora - spiega - e per il prossimo anno sono disponibili altri 50 miliardi a medio lungo termine. Noi siamo in grado di sostenere le imprese anche in queste condizioni e di fronte a nuovi progetti possiamo anche accelerare». Meno roseo il quadro tratteggiato da Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, che vede crescenti danni alla credibilità del Paese e che chiede al Governo di cambiare rotta su più fronti: dalla manovra («i dati di crescita sono campati per aria») al rapporto con la Ue («un conto è cambiare, un conto è distruggere»); dalle pesanti critiche a Draghi («effettuate da dilettanti allo sbaraglio») alle continue esternazioni contro le banche. «Se la manovra non cambia spiega - la procedura d’infrazione è inevitabile e sono molto preoccupato. Gli istituti di credito - aggiunge - sono visti come una sorta di nemico - ma in realtà si tratta di imprese: colpirle e criminalizzarle è profondamente sbagliato». In questa manovra scandisce - «non c'è politica industriale, non c'è abbattimento della pressione fiscale, non c'è flat tax, non c'è voglia di dar vita a grandi infrastrutture: l’Italia cambi rotta, fino a quando c’è tempo».