Gentiloni si schiera con Zingaretti. Oggi l’annuncio di Minniti
Richetti medita il ritiro per appoggiare l’ex ministro. Il sostegno di Renzi a distanza
A pochi giorni dall’assemblea nazionale che sabato prossimo avvierà formalmente il congresso del Pd, le forze in campo affinano gli schieramenti. A partire dall’ex premier Paolo Gentiloni, che in queste ore ha deciso di apparire meno defilato e di sostenere apertamente la candidatura del governatore del Lazio Nicola Zingaretti, appoggiato da molti ex ministri tra i quali Dario Franceschini e dalla sinistra del partito («Zingaretti è un ottimo candidato per una stagione nuova», ha detto Gentiloni in tv da Fabio Fazio). Ma è la formale discesa in campo dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti - l’annuncio è previsto per oggi - a produrre per reazione gli spostamenti interni più evidenti: Matteo Richetti sta pensando di ritirare la sua candidatura, annunciata da tempo, per convergere sul segretario uscente Maurizio Martina. E qualcuno sostiene che alla fine anche Francesco Boccia, della “corrente” di Michele Emiliano, farà lo stesso (ma l’interessato smentisce). I candidati forti in campo resterebbero quindi da subito solo tre: Zingaretti, Minniti e Martina. Il quale probabilmente farà il suo annuncio solo tra qualche giorno, dopo l’assemblea di sabato dove farà la relazione conclusiva della fase pre-congressuale.
Minniti ufficialmente in campo, dunque. In questi giorni i contatti con l’ex leader Matteo Renzi ci sono naturalmente stati, ma l’accordo tra i due è quello di un appoggio per così dire “a distanza”: Minniti non vuole apparire come il candidato renziano, anche per drenare voti a sinistra, e Renzi non ha difficoltà ad assecondarlo su questo punto. Tra gli ex ministri sono con Minniti Roberta Pinotti e Carlo Calenda, che sta anche aiutando l’ex ministro degli Interni sulle tesi congressuali per la parte economica assieme al segretario della Fim Cisl Marco Bentivogli. Ma i motivi della reticenza di Renzi a schierarsi più esplicitamente sono anche altri: il mondo renziano è diviso, con l’ex ministro Graziano Delrio e con il presidente del partito Matteo Orfini che appoggiano Martina in segno di dissenso - e non da ora - dalle politiche migratorie di Minniti.
Di certo Renzi in questa partita congressuale non ha un “suo” candidato. Da qui, anche, la distanza ostentata durante la riunione dei renziani nel week end a Salsomaggiore («il congresso del Pd è l’ultimo dei problemi», «non sarò mai il capo di una corrente»). Quello che per ora gli preme è far vincere la linea dell’alterità totale al governo giallo-verde escludendo intese future con il M5s, e su questo è Minniti a dare le maggiori garanzie. Ma certo, se dovesse vincere Zingaretti le strade di Renzi e dei suoi potrebbero anche dividersi da quelle del Pd, magari con una sorta di “separazione consensuale”. I renziani notano intanto con una certa dose di malizia che i rapporti del governatore del Lazio con i fuoriusciti Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani sono ottimi (anche se, per la verità, D’Alema la scorsa settimana era in prima fila alla presentazione del libro di Minniti), e che il disegno di Zingaretti e dei suoi sarebbe proprio quello di recuperare D’Alema e Bersani spingendo fuori Renzi. Come che sia, Minniti ha deciso di rompere gli indugi e scendere in campo ufficialmente anche per evitare che quel che resta del Pd si divida in due tronconi: solo una sua vittoria al congresso - è il ragionamento - potrebbe tenere ancora tutti insieme.