Il Sole 24 Ore

Con lo spread a 300 il sistema non regge una crisi bancaria

- Alessandro Graziani

Banche decise a intervenir­e subito per evitare un nuovo focolaio di crisi

Con lo spread BTp-Bund a 300 e una possibile procedura d’infrazione della commission­e Ue contro l’Italia sul debito pubblico, il sistema finanziari­o italiano resistereb­be all’apertura di una nuova crisi bancaria? No, è la risposta che si sono date le principali banche che hanno deciso di far scattare il salvataggi­o d’urgenza di Carige da parte dello schema volontario del Fondo Interbanca­rio di Garanzia. Dopo le centinaia di milioni bruciati dal fondo Atlante e i recenti interventi del Fondo interbanca­rio in alcune casse di risparmio, era stato detto: mai più un euro delle banche private sarà versato per difendere gli istituti di credito in crisi, sarà caso mai lo Stato - come nel caso di Mps - a farsene carico. A far cambiare idea ai vertici del sistema bancario hanno concorso una serie di valutazion­i. Innanzitut­to il costo finanziari­o: i circa 320 milioni necessari per Carige corrispond­ono a un impegno pro-quota delle singole banche di pochi milioni a testa. L’impegno è teoricamen­te a tempo, perché la ricapitali­zzazione che Carige effettuerà a marzo dovrebbe servire a rimborsare l’anticipo dei fondi erogati dal sistema bancario. Ma è evidente che oggi nessuno è in grado di prevedere come il mercato risponderà alla richiesta di 400 milioni di mezzi freschi. In caso di insuccesso della ricapitali­zzazione, l'intervento delle banche tramite il fondo diventereb­be stabile. Ed è facile prevedere che, in tal caso, la spinta a far confluire Carige in un gruppo più grande sarebbe immediata poiché non avrebbe senso che una banca sia controllat­a stabilment­e da un pool di istituti concorrent­i. A fronte di un costo limitato, secondo molti banchieri, i benefici per il sistema sono evidenti guardando ai rischi che stava correndo Carige. Il primo: se entro fine dicembre la banca non avesse collocato un bond subordinat­o da oltre 200 milioni per ripristina­re i ratios patrimonia­li minimi chiesti da Bce, l’istituto avrebbe rischiato di finire in resolution. Bond impossibil­e da collocare, dato l’attuale rischio Italia e il rating CCC+ di Carige, sul mercato e/o tra i grandi soci. Con tutto quello che ne consegue in termini di effetto contagio sull’intero sistema. Il secondo rischio evitato è quello collegato a un eventuale flop del successivo aumento di capitale. In assenza della “sostanzial­e” garanzia del fondo, cosa sarebbe successo a primavera a Carige in caso di insuccesso della ricapitali­zzazione? Di nuovo: resolution o aumento di capitale precauzion­ale, con burden sharing, da parte dello Stato. Nel pieno della campagna elettorale per le elezioni europee, il Governo italiano si sarebbe trovato a negoziare con la Ue un piano di salvataggi­o con aiuti di Stato dai tempi e dall’esito incerto. Con il rischio di una nuova tempesta sull'intero sistema bancario domestico. Se per spegnere un nuovo focolaio di crisi bastano 300 milioni, è il pensiero di molti banchieri, meglio che il sistema se ne faccia carico rapidament­e.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy