Il Fondo alla conta, Credem si sfila
Intesa spenderà fino a 70 milioni e UniCredit 60, in stand-by Banco, Ubi e Mps
Le banche italiane si mettono ancora una volta una mano sul cuore e (l’altra al portafoglio) per sistemare una banca in difficoltà. Dopo le tre casse del centro Italia ricapitalizzate nel 2017, ora è Carige il nuovo oggetto di intervento del braccio volontario del Fondo interbancario. Il consiglio di gestione ha infatti deliberato di proporre alle 140 banche aderenti la sottoscrizione del bond Tier 2 che permetterà a Carige di riportare il Total capital ratio oltre i livelli di guardia.
In teoria il fondo è disposto a mettere sul piatto fino a 320 milioni. Una cifra non enorme, ma comunque l’ennesima richiesta di denaro che ricade sulle banche sane, che si fanno carico delle crisi dei competitor. La scelta di autotassarsi è insomma preferita rispetto al “maggior onere” rappresentato dall’eventuale risoluzione della banca ligure (peraltro una banca di rilievo, visti i 9,4 miliardi di masse protette), e di una conseguente potenziale crisi bancaria che certo non farebbe bene a nessuno.
Da domani inizierà dunque il sondaggio tra le banche aderenti che dovranno dare il loro avvallo in occasione dell’assemblea fissata per il 30 novembre. Per passare, la proposta dovrà essere autorizzata dal 50% degli aderenti allo schema volontario, mentre servirà l’ok del 90% del capitale rappresentato. Intesa Sanpaolo ha già fatto sapere di essere della partita («Non faremo mancare il nostro sostegno», ha detto ieri il ceo Carlo Messina), stessa disponibilità anche da parte di UniCredit, come segnalano fonti vicine alla banca. Qualche dubbio invece in casa BancoBpm, da cui arriva un “no comment”, così nessun commento giunge da Ubi, mentre Mps deve valutare l’opportunità anche alla luce degli impegni presi con l’Europa in termini di investimenti su altri soggetti. Fuori dai giochi si chiama invece Credem, che già non aveva partecipato al round per il salvataggio delle tre Casse. Se l’esborso finale sarà il massimo previsto, Intesa Sanpaolo (che vale circa il 23% delle masse protette) dovrebbe sottoscrivere pro-quota circa 70 milioni del bond, UniCredit (18%) circa 58.
Insomma, nei prossimi giorni si vedrà la risposta del sistema, ma è chiaro che maggiore sarà l’adesione collettiva, minore sarà il fardello dei singoli aderenti. Nell’ambiente c’è un clima di ragionevole fiducia rispetto al fatto che l’operazione vada in porto. Certo è che, grazie alla fondamentale regìa di Bankitalia, la mossa del Fondo volontario guidato dal presidente Salvatore Maccarone è stata salutata con favore anche per la rapidità con cui è stata costruita. Carige ha ora un backstop di garanzia fondamentale in vista dell’aumento di capitale di marzo. Con il bond in cassa, la banca sarà perfettamente in linea rispetto alle richieste Bce. A quel punto, qualora invece i grandi soci di Carige si sfilassero dalla ricapitalizzazione, il Fondo diventerebbe azionista della banca, con quote variabili a seconda dell’adesione del mercato e a condizioni che saranno definite a breve.Il Fondo non potrà andare oltre il 50% (anche perchè lo statuto non lo consente), passaggio che comunque dovrebbe essere autorizzato da Bce. In caso di buon esito della ricapitalizzazione, invece, e di piena partecipazione degli attuali azionisti (o di un potenziale acquirente), il bond verrebbe rimborsato. Per il fondo, si tratterebbe di un investimento rischioso sì, ma non a fondo perduto.
á@lucaaldodavi