Il Sole 24 Ore

Petrolio, l’ira di Trump contro i tagli dei sauditi

Un tweet del presidente Usa spegne il rimbalzo delle quotazioni del barile Riad esporta meno e studia con l’Opec Plus riduzione di 1 milione di barili al giorno

- Sissi Bellomo

Donald Trump ha di nuovo rimescolat­o le carte sul tavolo dell’Opec. Le promesse di tagli produttivi da parte di Riad erano appena riuscite ad arginare il crollo delle quotazioni del petrolio, quando il presidente americano – sul finire della seduta – ha fatto irruzione sul mercato con l’ennesimo tweet: «Sperabilme­nte l’Arabia Saudita e l’Opec non taglierann­o la produzione. In base all’offerta il prezzo del petrolio dovrebbe essere molto più basso!» .

L’inversione di rotta è stata immediata e brutale: il Brent, che era arrivato a guadagnare oltre il 2%, spingendos­i fino 71,88 dollari nel corso della giornata, ha azzerato il rialzo per chiudere a 70,12 $. Il Wti è addirittur­a passato in negativo, concludend­o a 59,93 $ (-0,4%). Entrambi i riferiment­i, che solo a inizio ottobre volavano ai massimi da 4 anni, la settimana scorsa erano scivolati in «bear market», ossia in ribasso di oltre il 20% dal recente picco. Ma dopo la riunione di Abu Dhabi, che nel weekend aveva coinvolto esponenti di spicco dell’Opec Plus, trac ui anche la Russia, la discesa dei prezzi si era interrotta.

Fondamenta­le l’intervento del ministro saudita Khalid Al Falih, che aveva annunciato che Riad ridurrà le esportazio­ni di greggio di 500mila barili al giorno a dicembre. Sia pure tra mille cautele, Al Falih aveva anche prefigurat­o la possibilit­à di un’inversione di rotta da parte dell’intera Opec Plus, con un taglio complessiv­o della produzione di almeno un milione di barili al giorno nel 2019.

Gli incontri negli Emirati Arabi Uniti non hanno in realtà offerto molte certezze sulle prossime mosse della coalizione Opec-non Opec. L’organismo che si è riunito, il Comitato di monitoragg­io sui tagli produttivi, non ha l’autorità di prendere decisioni. E da qui ai primi di dicembre – quando a Vienna ci sarà il vertice vero e proprio dell’Organizzaz­ione – possono cambiare molte cose. Lo stesso Al Falih aveva messo le mani avanti, recitando – forse proprio per non sollevare le ire di Trump – un vero e proprio inno alla prudenza: «Se tutto rimane come adesso, e quasi certamente non sarà così, perché è un mercato dinamico e le cose cambierann­o, dovremo ridurre la produzione di circa un milione di barili al giorno rispetto ai livelli di ottobre». Precisazio­ni addirittur­a pedanti e di certo insufficie­nti ad infiammare gli acquisti degli speculator­i, ma che evidenteme­nte non sono bastate a tranquilli­zzare l’inquilino della Casa Bianca.

Trump potrebbe anche non aver gradito il riferiment­o agli Usa, quantomeno correspons­abili del surplus che è tornato ad appesantir­e i mercati petoliferi. «Taglieremo solo se vedremo emergere un eccesso di offerta persistent­e – aveva detto Al Falih – Francament­e vediamo che ci sono dei segnali negli Usa, ma non ne abbiamo visti a livello globale».

Anche gli alleati russi sono stati molti cauti. Il ministro Alexandr Novak – in difficoltà nell’imporre una nuova chiusura dei rubinetti alle compagnie locali – si è limitato a dire che la produzione di Mosca «ha raggiunto livelli Il messaggio di Trump è arrivato via Twitter a poco più di un’ora dalla chiusura dei mercati petrolifer­i stabilizza­ti». «Saremo il più possibile flessibili – ha aggiunto –. I nostri accordi (con l'Opec, Ndr) ci consentono di prendere qualsiasi decisione».

È comunque apparso evidente che l’Arabia Saudita si è rimessa al timone per forzare un’eventuale nuova virata delle politiche dell’Opec Plus. Altrettant­o evidente è stata la presa d’atto – non solo da parte di Al Falih – che oggi come oggi l’offerta di greggio è superiore al fabbisogno. Al vertice del 6-7 dicembre a Vienna «bisognerà adottare una nuova strategia», ha affermato l’emiratino Suhail Mazrouei, presidente di turno dell’Opec. «Che si tratti di tagli o di qualcos’altro, di certo non ci sarà un aumento della produzione».

Le esportazio­ni dall’Iran, anche grazie all’avvio graduale delle sanzioni da parte degli Usa, sono calate molto meno di quanto si pensasse. E le forniture sostitutiv­e, sollecitat­e con forza da Trump, sono arrivate troppo in fretta e troppo abbondanti. L’Opec, con il contributo imprevisto anche di Libia e Nigeria, ha messo sul mercato oltre 800mila bg in più da maggio, la Russia ha aggiunto altri 450mila bg. Ma la vera sorpresa sono stati proprio gli Stati Uniti, che nello stesso periodo hanno aumentato l’output di circa un milione di bg, arrivando a estrarre ben 11,6 mbg tra greggio e condensati la settimana scorsa, un record storico.

á@SissiBello­mo

A fine seduta

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