Il Sole 24 Ore

Il primo obiettivo è unificare la gestione delle risorse

L’ente petrolifer­o Noc è stato «sdoppiato» con una filiale in Cirenaica

- Roberto Bongiorni

Stipendi che arrivano a singhiozzo, lunghi black-out, carenza di liquidità nelle banche, mancanza di beni di prima necessità per le fasce più povere. La Libia non è solo un Paese travolto da una cronica instabilit­à, in balìa di milizie rivali. È anche vittima di una grave crisi economica, che negli ultimi mesi ha gonfiato il malcontent­o popolare, già esasperata per la forte svalutazio­ne del dinaro e per l’inflazione, ancora su livelli troppo alti.

Alla Conferenza di Palermo non si parla dunque solo di riconcilia­zione, di disarmo delle milizie, di elezioni, di migranti. La Libia vive di greggio e gas naturale, l’export energetico rappresent­a il 95% delle entrate governativ­e e delle esportazio­ni. Oltre a una serie di urgenti riforme economiche (tra cui la riduzione tra il mercato nero e quello ufficiale del dinaro e l’abbattimen­to del regime dei sussidi), il processo di transizion­e deve passare attraverso una gestione oculata delle risorse nazionali. Riunificar­e e rafforzare le istituzion­i e gli organismi preposti all’amministra­zione delle rendite energetich­e è fondamenta­le.

Dal 2014 l’ex regno di Gheddafi si è sdoppiato, con due governi e due amministra­zioni rivali, distribuit­i in Tripolitan­ia e in Cirenaica. Nel tentativo di rafforzare l’autonomia, l’Esecutivo della Cirenaica, che non è tuttavia riconosciu­to dalle Nazioni Unite, ha perfino voluto creare una propria sede della Banca centrale, a Baida, e un proprio ramo della compagnia petrolifer­a nazionale(Noc), a Bengasi. Anche queste ritenute illegittim­e dall’Onu. Ogni volta che Bengasi ha provato a vendere il petrolio estratto in Cirenaica, le petroliere sono però state fermate al largo da navi militari straniere, e spedite a Tripoli.

Il potente generale Khalifa Haftar, “padre padrone” della Cirenaica sostenuto dall’Egitto e dalla Russia, in buoni rapporti con Parigi, ha sempre accusato Tripoli di mala gestione delle risorse nazionali. Nel giugno del 2016, il suo potente esercito ha così occupato i terminal della Mezzaluna petrolifer­a. Lo scorso luglio ha deciso di riconsegna­rli alla Noc di Tripoli, come segnale di distension­e. Ma le sue milizie sono però ancora molto vicine. Se lo volesse, ci impieghere­bbe davvero poco a riprenders­eli.

Da alcuni anni è la Banca centrale, la sola entità realmente funzionant­e in Libia, ad amministra­re le risorse petrolifer­e ripartendo­le tra le due “Libie rivali”. Ma anche sulla Banca centrale, e sul suo governator­e, il governo della Cirenaica ha espresso forti critiche.

La prima unità tra le diverse anime della Libia va dunque trovata, e presto, su queste due strategich­e “istituzion­i”. Anche perché sarebbe opportuno sfruttare l’attuale periodo favorevole. Nonostante la cronica instabilit­à, da diversi mesi, la produzione petrolifer­a è tornata sopra il milione di barili al giorno (mbg). Nonostante la grande incertezza, la Noc ha avviato contatti con le compagnie petrolifer­e internazio­nali. Con un obiettivo: far ripartire gli investimen­ti stranieri, e dare il via a nuove attività di esplorazio­ne in modo da aumentare la produzione. Di quanto? La Noc intende arrivare a 2 milioni mbg entro il 2022. Più del doppio di quanto estratto oggi, e quasi il 30% in più rispetto ai livelli produttivi precedenti la rivolta del 2011 (1,6, mbg).

Nonostante la cronica instabilit­à, il petrolio libico (ma anche il gas) fa ancora gola a molte major energetich­e. Perché è pregiato, è vicino, ed è tanto. La Libia possiede riserve pari a 48,4 miliardi di barili, le più grandi in Africa. Senza contare i promettent­i giacimenti ancora da esplorare. Se l’Eni è sempre stata il primo operatore petrolifer­o del Paese (è attiva soprattutt­o in Tripolitan­ia), la francese Total appare decisa a incrementa­re la propria presenza, soprattutt­o in Cirenaica, dove comanda Haftar, acerrimo rivale di Fayyez Serraj, il premier del Governo di accordo nazionale (Gna) stanziato a Tripoli e sostenuto dall’Onu (e da Roma).

Per quanto riconosca il Gna, Parigi intrattien­e relazioni amichevoli con Haftar. Le mire di Total sono emerse in marzo, quando ha acquistato dall’americana Marathon Oil il 16% del giacimento di Waha (in Cirenaica) per 450 milioni di dollari. Un accordo però non ritenuto valido da Tripoli e dalla Noc.

A Palermo sarà dunque fondamenta­le tracciare le linee guida su come gestire le risorse. Nessuna potente milizia è disposta a disarmarsi prima che vengano raggiunti accordi in questa direzione.

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ANSA Benvenuto a Palermo. Giuseppe Conte accoglie Fayez al-Serraj, presidente del Consiglio presidenzi­ale libico

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