Banche, dietrofront sulla riforma delle Bcc Addio ai maxi-gruppi
Emendamento della Lega al Dl fiscale: salta l’obbligo di adesione ai gruppi unici Proposta una norma che protegga i bilanci delle Bcc dagli sbalzi dello spread
Il governo accelera sulla riforma del credito cooperativo: il premier Conte ha convocato ieri un vertice con i presidenti delle commissioni Finanze di Camera e Senato per avviare un confronto nella maggioranza, da estendere all’opposizione, sugli emendamenti presentati al Dl fiscale nella commissione Finanze di Palazzo Madama. La priorità è tutelare territorialità e mutualità delle Banche di credito cooperativo (Bcc). Gli emendamenti tra l’altro prevedono l’eliminazione, de facto, dell’obbligo di adesione delle Bcc ai gruppi unici, cardine della riforma del 2016, con la possibilità che «i gruppi non diventino Spa, magari scalabili da banche straniere». Ancora, una norma anti-spread: le Bcc non dovranno contabilizzare costantemente le perdite legate alle oscillazioni dei rendimenti dei titoli.
Torna sul tavolo del Governo e nelle commissioni parlamentari la riforma delcreditocooperativo.Lepropostesono al momento dirompenti: nei fatti l’azzeramento della riforma, con l’obbligo di adesione ai gruppi che diventa facoltativo. E poi la previsione di una norma, annunciata dal ministro per i Rapporti con il Parlamenti Riccardo Fraccaro, che sospende il mark to market dei titoli di Stato per le oscillazione dello spread posseduti dalla Bcc innettocontrastoconiprincipiinternazionali previsti dal comitato di Basilea.
A riaccendere i fari sulle banche di credito cooperativo è stato ieri lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, convocando a Palazzo Chigi i presidenti delle commissioni Finanze di Camera e Senato, rispettivamente Carla Ruocco (M5S) e Alberto Bagnai (Lega). L’intento è quello di avviare un confronto tra le forze di maggioranza, da estendere anche alle opposizioni, sui numerosi emendamenti depositati a Palazzo Madama al decreto legge fiscale. Secondo la Lega occorre «un’ulteriore riflessione su come tutelare il carattere di mutualità e di territorialità del credito cooperativo alla luce degli sviluppi della riforma delle Bcc, proseguendo sulla strada già intrapresa con l’intervento effettuato nel decreto Milleproroghe - che aveva riscontrato generale apprezzamento nel settore - e tutelando la stabilità dei gruppi costituendi». Tutelare, dunque, la territorialità e la mutualità delle Bcc che hanno consentito al credito cooperativo, sempre secondo i leghisti, di «reggere l’urto della crisi e consentito di sostenere le piccole e medie imprese».
Sulla stessa lunghezza d’onda l’altra ala della maggioranza che, con Fraccaro, punta a «garantire l’autenticità del credito cooperativo». Tra gli interventi presentati al Senato la facoltà per le Bcc di adottare sistemi di tutela istituzionale, in alternativa all’obbligo di costituire l’holding previsto dalla riforma delle Bcc. Non solo. In arrivo anche la possibilità che «i gruppi non debbano diventare Spa, magari scalabili da banche straniere».
Nel dibattito di ieri è entrato anche Luigi Di Maio: «Le Bcc hanno dato e stanno dando un grande contributo al territorio. Noi vogliamo tutelare la natura delle Bcc . Rispetto alle riforme del passato che provavano a portarle verso i vari “Wolf” di “Wall Street”, noi vogliamo invece tutelarle nella loro natura. Sono rimaste le ultime banche del territorio e vogliamo che rimangano le banche del territorio».
Al termine del vertice le parole d’ordine della maggioranza al Senato sono state «soluzione condivisa fra le varie forze politiche, anche di opposizione». Sulle banche di credito cooperativo, dunque, la strada che la maggioranza è pronta a seguire per rivedere la riforma non esclude la possibilità di superare le numerose proposte di modifica già depositate, facendo una sintesi di tutte le modifiche, incluse quelle del presidente Bagnai. Ma cosa prevedono le novità che si vorrebbero introdurre? Tra quelle presentate da Bagnai spicca la modifica che elimina nei fatti l’obbligo di adesione delle Bcc ai gruppi unici, uno dei cardini della riforma “Renzi”. L’emendamento (20.0.4) prevede l’obbligo solo per le banche che abbiano, tra le altre cose, un patrimonio netto inferiore a 100 milioni di euro, Cet1 inferiore all’8% o a diverso limite indicato da Banca d’Italia e un’incidenza degli Npl superiore al 15 per cento. Parametri sotto i quali nessuna delle Bcc sembra oggi posizionarsi.
Un’altra proposta emendativa, questa volta del Movimento ,vuole semplificare le operazioni di consulenza, svolte dalle Bcc e dagli operatori bancari di finanza etica e sostenibile che riguardano la cessione di azioni emesse per i clienti. In sostanza, la semplificazione vale per la sottoscrizione o l’acquisto delle azioni sia di modesto valore o rappresenti la quota minima stabilita nello statuto della banca per diventare socio.
Per definire il punto di caduta della nuova riforma sulle Bcc ci sarà ancora qualche giorno di tempo. I lavori in commissione Finanze sul Dl fiscale entreranno nel vivo solo da oggi con i primi voti agli articoli sui condoni fiscali. L’appuntamento con l’articolo 20 e la controriforma delle Bcc potrebbe essere fissato per fine settimana o direttamente all’inizio della prossima. Il decreto, salvo una riscrittura del calendario del Senato, è atteso in Aula per il 2122 novembre.