«Il condono per l’Ici della Chiesa? Irrealistico il valore di 4,8 miliardi»
Il Segretario generale della Cei commenta l’ipotesi di sanatoria Ici-Chiesa
Una “cartella Ici” per la Chiesa da 4,8 miliardi di euro? «È una cifra irrealistica» per il segretario generale della Cei, monsignor Stefano Russo, secondo il quale è anche del tutto prematuro parlare dell’applicazione della sentenza della Corte di Giustizia che impone al governo italiano il recupero dell’Ici dagli enti non profit per gli anni compresi tra il 2006 e il 2011. Tra questi, gli enti religiosi sono i principali proprietari di immobili con 8mila scuole e strutture di ospitalità. «Una pace fiscale sul tema Ici? Non lo sappiamo di certo, lo apprendo da notizie di stampa» dice Russo. «Le zone d’ombra precedenti sull’esenzione sono state superate con l’introduzione dell’Imu che la Corte ha riconosciuto come legittima».
«Una pace fiscale sul tema Ici? Non lo sappiamo di certo, lo apprendo da notizie di stampa. Dopo la sentenza della Corte di Giustizia dobbiamo avere ancora contatti con il Governo. Quello che si legge su possibili ripercussioni sono solo delle ipotesi. Credo che su questo siamo davvero in una fase prematura».
Il segretario generale della Cei, il vescovo Stefano Russo, in una pausa dell’assemblea straordinaria della Conferenza episcopale in corso dentro il Vaticano commenta le voci su un’ipotesi di “sanatoria” allo studio relativa al pagamento dell’Ici arretrata per gli anni 2006-2011 da parte di enti legati al no profit, tra cui quindi la Chiesa. Ipotesi che tra l’altro non trova conferma in ambienti di governo. La questione deve ancora essere affrontata dall’esecutivo di concerto con la Commissione Ue.
La sentenza della Corte deve passare alla Commissione e poi arrivare sul tavolo del governo. Un iter tortuoso, che sarà dura arrivi in fondo. Ma le somme in ballo sono grosse, girano 4,8 miliardi…
«Non mi sento di avallare assolutamente questa cifra. Tra l’altro bisogna ricordare, e farlo con molta chiarezza: le attività potenzialmente coinvolte sono davvero molte e vanno da quelle della scuola alla sanità, dalla cultura all’assistenza, e non sono tutte della Chiesa, ma riguardano tutto il mondo no profit».
Ma su questo punto la linea del Papa è molto chiara: chi sfrutta i beni della chiesa per fini commerciali deve pagare.
«E noi siamo del tutto d’accordo, è un nostro principio basilare quello che tutte le attività della Chiesa devono essere improntate alla massima trasparenza e correttezza. E guardi che nella stragrande maggioranza dei casi è così, da molto tempo».
Forse dal 2012, anno del decreto Monti. Fino ad allora probabilmente non era così….
«Se c’erano delle zone di opacità questo era anche da attribuire alla legge sull’Ici, che lasciava questi spazi. Con l’introduzione dell’Imu questo non è certamente più possibile, non solo per gli enti ecclesiastici ma per tutto il no profit. La nuova legge riconosce l’esenzione del pagamento dell’imposta immobiliare alle attività che offrono dei veri servizi sociali che, ribadisco, sono erogate anche da soggetti non legati alla Chiesa cattolica. Questo mette in chiaro, mi sembra che non si tratta affatto di un privilegio»
Se non ci sarà questa “pace fiscale”, un pò sul modello della manovra, cosa potrebbe accadere in concreto?
«Ricordo che la sentenza della Corte afferma che la Commissione Ue, perchè il tema riguarda l’esecutivivo di Bruxelles, avrebbe dovuto verificare il maniera più puntuale la non possibilità per l’Italia di poter arrivare a riscuotere le cifre eventualmente dovute per i cinque anni, quindi 20062011. A questo punto non sappiamo quali passai saranno adottati. Ma noi siamo chiari: chi svolge attività commerciale deve pagare».
Serve quindi che vi sia chiarezza sulla natura e le modalità delle attività che si svolgono.
«Lo diciamo da molto, è necessario distinguere bene. Una diversa intepretazione oltre ad essere sbagliata comprometterebbe una serie di servizi per l’intera collettività».