Il Sole 24 Ore

Parla Chery (Stm): «Il carburo di silicio rappresent­a la nuova frontiera»

La prima intervista italiana di Jean-Marc Chery, nuovo leader di Stm: «Il carburo di silicio è la nuova frontiera, ma il futuro dipende dalla progettual­ità umana»

- Luca De Biase

Prima intervista italiana di Jean-Marc Chery, nuovo amministra­tore delegato di StMicroele­ctronics. «Il carburo di silicio è la nuova frontiera - spiega Chery - ma il futuro dipende dalla progettual­ità umana». Stm è un’azienda che continua a innovare e impiega 7.400 persone nella ricerca. Guardare al futuro non è soltanto tentare di prevederlo. «Il futuro è anche quello che vogliamo che sia» dice Chery.

«Io amo il carburo di silicio!» sorride Jean-Marc Chery: «Anche perché è un po’ la sintesi dell’identità della StMicroele­ctronics: design e manifattur­a di elettronic­a, innovazion­e nei materiali, architettu­ra di tecnologie che abilitano i clienti a cogliere le opportunit­à offerte dal mondo digitale per differenzi­arsi dalla concorrenz­a».

Il nuovo amministra­tore delegato del gigante elettronic­o italo-francese concede al Sole 24 Ore la sua prima intervista italiana da leader dell’azienda. Anche se da piccolo avrebbe voluto fare il calciatore ed è diventato ingegnere per volontà del padre, alla fine è felice di aver dedicato la vita alla Stm, fin da prima che si chiamasse così: era entrato nel 1986 alla Thomson Semiconduc­teurs, l’azienda francese che unendosi con l’italiana Sgs avrebbe dato vita appunto alla Stm e che sotto la guida di Pasquale Pistorio avrebbe scalato le classifich­e mondiali nel mondo ipercompet­itivo della microelett­ronica.

Quindi non stupisce che, tanto per rompere il ghiaccio, invece di parlare del tempo che fa a Parigi, Chery preferisca chiacchier­are simpaticam­ente della nuova frontiera del mondo dell’elettronic­a, che la sua azienda esplora in modo attento: il carburo di silicio, un materiale affascinan­te, che si trova talvolta nei residui di meteoriti e che è prodotto artificial­mente in quantità crescenti perché ha interessan­ti proprietà, tra le quali un’elevata capacità di limitare la dispersion­e di energia elettrica. «Sarà importanti­ssimo per esempio per i veicoli elettrici che hanno bisogno di autonomia e ottimizzaz­ione delle batterie». E se a questa osservazio­ne segue una domanda sull’applicazio­ne dello stesso concetto agli aerei elettrici pensati da Airbus, Chery si illumina: «Conosce questi progetti? Ci vorrà qualche anno, mi dicono. Ma sarà una straordina­ria opportunit­à per le batterie destinate agli aerei per i viaggi a corto raggio. A lungo raggio invece si userà probabilme­nte l’idrogeno».

La Stm è un’azienda che continua a innovare. Nel tempo si è dovuta adattare ai cambiament­i del mercato, per esempio, riducendo l’impegno nella produzione di memorie o di chip per cellulari, ma creando incessante­mente nuovi business, come quello dei sensori e dei microcontr­ollori per l’internet delle cose e l’industria 4.0. Con 8,35 miliardi di dollari di fatturato 2017 e 45 mila dipendenti,

7.400 dei quali impegnati in ricerca e sviliuppo, si è trovata ad

affrontare un cambiament­o di mer

cato epocale: se un tempo poteva concentrar­si su un ristretto numero di enormi clienti - con al centro la Nokia ai tempi della sua grande dominanza nei cellulari -, oggi serve oltre 100mila clienti nel vasto ecosistema dell’internet delle cose. E questa è una plastica dimostrazi­one di come l’elettronic­a stia entrando in sempre nuovi settori, modificand­o i prodotti e le produzioni, le funzioni e le connession­i.

Sicché, non avendo un controllo stabile su alcuni prodotti che stanno nel cuore tradiziona­le dell’elettronic­a, come riesce per esempio all’Intel nei microproce­ssori per i personal computer, la Stm inventa e serve il mercato che si sviluppa ai margini

innovativi del mondo digitale, per conquistar­ne quote in anticipo sulla concorrenz­a.

Un esempio? Stm ha saputo intercetta­re il boom dei sensori per le immagini, dovuto anche ai dispositiv­i che riconoscon­o il proprietar­io inquadrand­olo con la loro telecamera, e ne ha fatto in pochi anni un business da un miliardo di dollari.

E il carburo di silicio è potenzialm­ente la prossima frontiera: «Sarà un mercato da 3 miliardi di dollari e noi intendiamo conquistar­ne almeno un terzo» dice Chery. Nelle intenzioni di Chery c’è l’idea ambiziosa di

portare il fatturato della Stm verso i

12 miliardi di dollari in qualche anno, puntando sulla crescita dell’automobile elettrica e di tutti i prodotti che avranno bisogno di rendere più efficiente la gestione dell’energia.

C’è del metodo in questa forma di gestione aziendale: ed è necessario perché i risultati della Stm non siano estemporan­ei ma emergano come conseguenz­a prevedibil­e di uno stile di impresa. «Il nostro mondo è guidato da due assi: da una parte, c’è la spinta dell’ingegneria che sviluppa la potenza e la complessit­à dei prodotti elettronic­i; dall’altra parte, c’è l’approccio filosofico che allinea le nostre attività con quelle dei clienti, per consentire a loro di innovare e a noi di essere pronti con i prodotti giusti al momento giusto». Per questo la Stm è organizzat­a, dice Chery, come un abilitator­e di innovazion­e: «I nostri manager sono come imprendito­ri. La Stm li finanzia con i mezzi propri generati col fatturato. Del resto, ci sono troppi rischi nel nostro business per andare a debito». Per questo, è necessario investire fortemente in ricerca, riservare una pragmatica attenzione ai nuovi business, abbandonar­e i comparti meno promettent­i anche se tecnicamen­te importanti.

Ma c’è anche qualcosa che deve cambiare, ora che Chery è il leader dell’azienda? «Il mercato cambia e noi con il mercato, ovviamente», dice. «Dobbiamo assumere nuovi cervelli, per stare al passo con i temi dell’automobile, dell’intelligen­za artificial­e, dell’internet delle cose, dei big data. Per assumere i millennial­s nelle funzioni di design e ingegneria, con preparazio­ne forte anche dal punto di vista matematico e filosofico, e per attirare un maggior numero di donne, dobbiamo ispirarci allo spirito delle grandi aziende americane: il nostro ambiente di lavoro deve diventare più attraente, meno pesante. Siamo reattivi nella tecnologia ma non nello stile. E poi abbiamo processi di business da adattare ai nostri nuovi clienti che - come nell’automobile o nelle macchine per la produzione industrial­e - hanno bisogno di un altissimo livello di qualità e tempi più lunghi. Infine nella manifattur­a dobbiamo migliorare il collegamen­to tra ricerca, manifattur­a e vendita».

Tutto questo per allinearsi a un futuro sempre più esigente. Come si studia il futuro? «Facciamo simulazion­i sui mercati e le tecnologie. Costruiamo scenari. Cerchiamo di dimostrare al mercato quello che pensiamo del futuro».

Ma guardare al futuro non è soltanto tentare di prevederlo. «Il futuro è anche quello che vogliamo che sia. E noi siamo un’azienda globale con forti radici europee. Siamo importanti nell’auto, nei robot, negli aerei, nella salute, nell’automazion­e industrial­e; abbiamo perso nei computer e negli smartphone. Ma nelle attività che svolgiamo, intendiamo creare in Europa molti posti di lavoro per persone felici e non frustrate. Se si va in America o in Asia si sente un’energia che noi europei dobbiamo recuperare. Noi alla Stm dobbiamo aumentare il gioco di squadra, puntare sulla leadership e il buon esempio».

Per evitare gli errori del passato. Ce ne sono stati. «Per esempio, non abbiamo visto arrivare Netflix e AppleTv, il che ha messo in discussion­e il nostro business dei set-top-box. Questa volta dobbiamo vedere con il giusto anticipo quello che significa l’ elettrific­azione dei mezzi di trasporto. Dobbiamo imparare a pensare perline e ingegneris­tica mente prevedibil­i ma anche contempora­neamente in modo creativo, per anticipare i trend ». Un nuovo spostament­o del mercato potrebbe ridurre il peso relativo del clou dc omputing?«Mol te attività hanno bisogno di intelligen­za sul de vice: l’ automobile non può aspettare che le elaborazio­ni siano fatte in cloud, deve saper decidere con i dati che raccoglie ed elabora sul campo. La raccolta di dati da parte dei device è un’ulteriore fonte di valore».

Tutto questo cambia il lavoro. Ma proprio da una società votata alla digitalizz­azione giunge un doppio monito. «La diffusione delle tecnologie elettronic­he che si connettono al mondo fisico, con sensoristi­ca sempre più capillare, implica che occorre mantenere vivo il valore educativo degli studi che si occupano di fenomeni analogici. Inoltre, pur nel contesto di un aumento dell’importanza di big data e intelligen­za artificial­e, con macchine sempre più potenti, ciò che si fa dipende sempre dalla progettual­ità umana». Tecnologia digitale con valori europei.

«Vogliamo creare posti di lavoro in Europa per persone felici». Stm ha 7.400 persone nella ricerca

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IN CONTINUITÀ. Jean-Marc Cheryè il nuovo amministra­tore delegato della italo-francese StMicroele­ctronics

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