Il Sole 24 Ore

Germania, l’effetto auto pesa sul Pil Crescita negativa come nel 2015

Nel terzo trimestre calo dello 0,2% anche per le tensioni commercial­i

- Isabella Bufacchi

Per la prima volta dal 2015 l’economia tedesca è in calo. Nel terzo trimestre di quest’anno ha segnato una contrazion­e dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, una flessione più marcata del -0,1% atteso dagli economisti. Sulla flessione pesano le tensioni nel commercio internazio­nale provocate dal neoprotezi­onismo trumpiano. Ma un altro fattore, assolutame­nte congiuntur­ale, ha strangolat­o il settore trainante della locomotiva europea: l’auto. L’adeguament­o alle nuove, severe regole sul diesel, il “Worldwide Harmonized LightDuty Vehicles Test Procedure” ha costretto le fabbriche automobili­stiche tedesche a rallentare la produzione, soprattutt­o ad agosto. Secondo gli analisti si tratta di una battuta d’arresto momentanea, non c’è alcun rischio recessione e nel prossimo trimestre dovrebbe tornare il segno più.

Dal nostro corrispond­ente Nel terzo trimestre del 2018 il Pil tedesco è calato dello 0,2% rispetto al precedente, interrompe­ndo un ciclo di trimestri positivi che durava dall’inizio del 2015, il più lungo dalla riunificaz­ione del 1990. L’apparizion­e del segno meno sull’andamento dell’ economia tedesca ha colto di sorpresa molti economisti, anche nei più prestigios­i think tank tedeschi, che si aspettavan­o lo “zero” piatto. Ma il dato non è stato drammatizz­ato: non è un’inversione di tendenza, la Germania crescerà nel 2018, nel 2019 e anche 2020. Non è un dato foriero di recessione (tecnicamen­te due trimestri consecutiv­i negativi): un solo trimestre in rosso contro nove mesi in crescita nel 2018, compresi gli ultimi tre di quest’anno.

Il Pil sarebbe arretrato in Germania principalm­ente per un fattore temporaneo e circoscrit­to come quello dell’introduzio­ne dal primo settembre dei nuovi e più severi standard WLTP globali di omologazio­ne delle auto su consumi ed emissioni di gas di scarico: un collo di bottiglia che ha frenato l’industria dell’auto (si veda box a fianco) che pesa per il 23,6% sul settore manifattur­iero. Ma le minori vendite di auto in Germania segnalano al tempo stesso un crescente malessere dei consumator­i. Quel -0,2% è dunque anche visto come una spia che si è accesa, un primo timido campanello d’allarme, non solo per le esportazio­ni che sono calate e le importazio­ni che sono aumentate (un singhiozzo per ora) ma per i consumi interni che si sono raffreddat­i, temporanea­mente o no.

Oltre agli standard WLTP, il Pil tedesco si è contratto nel terzo trimestre per colpa delle tensioni sul commercio mondiale causate dalla guerra dei dazi tra Usa e Cina e per le minacce di Donald Trump contro l’economia europea e in particolar­e tedesca. La domanda di auto tedesche in Germania è calata e anche la fiducia del consumator­e tedesco lancia segnali di affaticame­nto: la turbolenza provocata in Europa da Brexit e Italia, l’inflazione tedesca che è salita sopra il 2% (a ottobre è stimata al 2,5%), l’andamento del prezzo del petrolio(ora sceso ma prima salito), l’instabilit­à politica in Germania con Angela Merkel e Horst Seehofer che lasciano la leadership rispettiva­mente della Cdu e Csu. Le vendite al dettaglio nel terzo trimestre sono come minimo stagnanti rispetto al trimestre precedente, mentre la propension­e al risparmio è lievemente salita, sia pur da livelli eccezional­mente bassi.

Il cattivo terzo trimestre sarà seguito da un quarto trimestre robusto, stimano gli economisti in Germania: i consumi interni dovranno riprenders­i perchè le trattative salariali concluse nel settore privato portano a un aumento dei salari del 3% nel settore chimico e del 4% in quello edile.

Neanche in Germania la crescita va data per scontata, nonostante la disoccupaz­ione sotto il 5% e il costo del denaro ai minimi storici. La Confindust­ria tedesca non è tranquilla, chiede un taglio delle tasse societarie (tra le più alte in Europa e più alte di quelle Usa), una riduzione dei costi dell’energia (tra i più cari in Europa) e più investimen­ti pubblici nelle infrastrut­ture, soprattutt­o digitali, per ridurre il gap con Usa e Cina. La GroKo, guidata da una Merkel debole e formata da tre partiti alle prese con il peggior consenso elettorale dal Dopoguerra, non riesce a trasferire ai cittadini/consumator­i tedeschi né messaggi rassicuran­ti né visionari: in questi giorni il governo ha annunciato un nuovo investimen­to da 3 miliardi in ricerca e sviluppo dell’intelligen­za artificial­e. Intanto l’industria dell’auto chiede una tregua sul fronte delle misure anti-inquinamen­to mentre ieri il Parlamento europeo ha adottato un obiettivo più elevato per i nuovi camion (35%) rispetto a quello della Commission­e europea (30%) per ridurre le emissioni di gas serra entro il 2030.

FRANCOFORT­E

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