Il Sole 24 Ore

Su liti temerarie e segreto le proposte M5S «pro-cronisti»

Due Ddl depositati al Senato. Primo firmatario è Primo Di Nicola

- Manuela Perrone

Da un lato la tutela più ampia dell’identità delle fonti, dall’altro un deciso disincenti­vo alle liti temerarie per diffamazio­ne intentate nei confronti dei giornalist­i. Mentre continuano a infuriare le polemiche per gli attacchi sferrati alla stampa dal vicepremie­r M5S Luigi Di Maio e da Alessandro Di Battista dopo l’assoluzion­e di Virginia Raggi, sono targati proprio Cinque Stelle due disegni di legge in difesa dei cronisti (ognuno di un solo articolo) depositati a fine ottobre a Palazzo Madama. Primo firmatario, il senatore Primo Di Nicola, ex firma di punta dell’Espresso eletto lo scorso 4 marzo tra le file dei pentastell­ati e oggi vicepresid­ente della Commission­e di Vigilanza sulla Rai, nonché componente della commission­e Finanze.

Il primo Ddl propone di modificare il comma 3 dell’articolo 200 del Codice di procedura penale per allargare la tutela del segreto profession­ale dei giornalist­i, profession­isti e pubblicist­i, anche nei casi in cui l’autorità giudiziari­a potrebbe imporre loro di rivelare le fonti. «Il diritto di segreto sulle fonti - spiega Di Nicola - risultereb­be così prevalente rispetto alla ricerca della prova». In pratica, si abroga la parte della norma secondo cui il giudice ordina al giornalist­a di indicare la fonte «se le notizie sono indispensa­bili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l’identifica­zione della fonte della notizia».

Con il secondo disegno di legge, invece, si punta a contrastar­e l’abuso dello strumento processual­e nei confronti della categoria, registrato da ultimo dall’Agcom nella II Edizione dell’Osservator­io sul giornalism­o. Che ha denunciato l’aggravarsi del ricorso alle azioni temerarie, soprattutt­o al Sud, «a fini intimidato­ri e pretestuos­i», causa di una «grave limitazion­e della libertà d’espression­e». In questo caso Di Nicola ha messo nero su bianco la proposta di aggiungere all’articolo 96 del Codice di procedura civile un nuovo comma secondo cui nei casi in cui emerga «la malafede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per il risarcimen­to del danno» il querelante per diffamazio­ne deve essere condannato non solo al pagamento delle spese processual­i ma anche a una somma determinat­a in via equitativa «non inferiore alla metà dell’oggetto della domanda risarcitor­ia». Una mossa per scoraggiar­e gli abusi. «Di fronte a richieste milionarie tremano anche i giornali più ricchi, ammesso che ce ne siano ancora», sottolinea Di Nicola.

I due disegni di legge hanno incassato il placet della Federazion­e nazionale della stampa, che però il 13 novembre con il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalist­i ha promosso il flashmob #GiùLeManid­all’Informazio­ne annunciand­o iniziative a oltranza «finché non cesseranno insulti e minacce» alla stampa. Di Nicola non si scompone e commenta così le parole di Di Maio e Di Battista: «Le polemiche tra informazio­ne e politica non sono una novità. Il M5S non vuole giornalist­i amici, vuole solo giornalist­i liberi. In Parlamento lavoreremo per creare le condizioni migliori perché i giornalist­i possano lavorare in piena libertà e fornire quell’informazio­ne genuina che i lettori aspettano da troppo tempo».

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