Fabi: «Nessun licenziamento senza stato di crisi»
«Per licenziare le banche devono per legge dichiarare lo stato di crisi. Questo creerebbe una perdita di credibilità e il fuggi fuggi dei loro clienti». Lando Maria Sileoni, segretario generale di Fabi, è categorico: «In Italia ipotizzare anche un solo esubero di un istituto bancario non ha senso né in termini politici né in termini tecnici». Insomma, la Fabi commenta così la ricerca di Oliver Wyman, che ipotizzava tagli da 70 a 85mila dipendenti con la chiusura di 11 mila filiali per poter ottenere risparmi da 5-6 miliardi di euro grazie a una penetrazione digitale in linea con la media europea. «Inoltre chiudere 11mila filiali - continua Sileoni - equivarrebbe a regalare il settore bancario a Poste Italiane, che è già protagonista di uno sviluppo importante sul mercato delle carte di credito».
Esclude, quindi, esuberi nel futuro del sistema bancario italiano? Le banche italiane hanno la consapevolezza di non potersi permettere di dichiarare lo stato di crisi, per questo abbiamo trovato l’accordo per 40 mila prepensionamenti volontari negli ultimi sei anni e altri 20mila arriveranno nei prossimi tre anni. A fronte di questo sono entrati nel sistema 20mila giovani. Questo l’accordo con i sindacati».
Altra questione è quella della sfida per le banche medio-piccole nel reggere il confronto con l’innovazione delle grandi e soprattutto con i player del fintech?
Il monopolio di pochi grandi gruppi bancari non c’è in altri Paesi europei e non credo sia il futuro neanche in Italia. Abbiamo banche medio-piccole come Banca di Ravenna, Banca Sella o Banca del Piemonte che dimostrano come gli istituti di queste dimensioni possano sopravvivere e senza aiuti. I consorzi, poi, garantiscono loro di poter fare investimenti tecnologici.
Perché l’Italia è così indietro sul fronte dell’e-banking? Investimenti massicci in digitalizzazione e tecnologia nel settore bancario italiano stentano perché gli istituti cercheranno sempre di mantenere un potere discrezionale nella gestione di certi servizi, come ad esempio i crediti: vogliono mantenere un’autonomia nella decisione di erogarli o meno, non intendono automatizzare questo tipo di processi. Questo permette loro da una parte di valorizzare il rapporto con il territorio e dall’altra di avere un potere contrattuale con la clientela.
«Le banche italiane hanno la consapevolezza di non potersi permettere lo stato di crisi»
LANDO MARIA SILEONI