Il crollo del petrolio spinge il Canada verso tagli alla Opec
Il greggio locale vale 15 $ e l’Alberta esamina l’ipotesi (legale) di quote produttive
Mentre l’Opec e la Russia studiano come arginare il crollo del petrolio, un taglio di produzione potrebbe arrivare dal Canada, Paese in cui vige l’economia di mercato ma che sta soffrendo al punto da essere tentato dalle stesse politiche dirigiste che ispirano l’Organizzazione degli esportatori di greggio e i suoi alleati.
Diverse compagnie canadesi hanno già iniziato a chiudere i rubinetti, dopo che alcune qualità locali di greggio hanno perso valore al punto da costare meno dei barili che le contengono – poco più di 15 dollari per il West Canada Select (Wsc) – ma presto si potrebbe andare oltre, con tagli imposti e coordinati dalle autorità. Canadian Natural Resources e Cenovus Energy, rispettivamente il primo e il terzo produttore canadese, hanno invocato un intervento pubblico, affermando che almeno nella provincia dell’Alberta – dove negli anni ’70 e ’80 era in vigore un sistema di quote produttive – ci sono le basi legali per consentirlo: un aspetto confermato dalle autorità locali, anche se il ministero dell’Energia dell’Alberta, interpellato da Bloomberg, ha precisato che in discussione c’è «una varietà di approcci diversi» per fronteggiare gli attuali «assurdi» livelli di prezzo.
Un taglio di produzione pilotato dall’alto è stato suggerito anche dalla maggiore banca canadese, RBC Royal Bank, che propone come escamotage la sospensione delle royalties, che sono pagabili anche in natura: in pratica il fisco potrebbe rinunciare alla sua parte di greggio, a patto che le compagnie lo lascino sotto terra finché i prezzi (e le entrate pubbliche) si riprenderanno. In tre mesi e mezzo, stima Rbc, la produzione calerebbe di 200mila barili al giorno: volumi pari a un quinto del taglio che l’Arabia Saudita ha ipotizzato per l’Opec Plus, anche se ieri fonti Reuters sostenevano che la coalizione starebbe in realtà discutendo una riduzione fino a 1,4 mbg e oltre. I rumor hanno favorito un rimbalzo delle quotazioni del greggio, dopo il crollo del 7% di lunedì. Il Brent ha recuperato circa l’1%, tornando sopra 66 $, il Wti è di nuovo sopra 56 $.
Anche in assenza di forme coordinamento, le estrazioni in Canada stanno rallentando. La stessa Canadian Natural ha annunciato tagli volontari di 10-15mila bg a ottobre e di 45-55mila bg a novembre e dicembre. Progetti analoghi ha Cenovus, che però non vuole quantificare: «Noi faremo la nostra parte, ma non vogliamo portare l’industria sulle nostre spalle», ha detto il ceo Alex Pourbaix, chiedendo «un’immediata azione temporanea» del Governo dell’Alberta e la collaborazione di tutta l’industria. Anche Meg Energy, Devon Energy e Athabasca Oil stanno già tagliando. Si è invece detto contrario Suncor Energy, il numero due del petrolio canadese, che riesce a schermarsi dai ribassi di prezzo grazie alle attività di raffinazione integrate.
Il Canada è il quarto fornitore di greggio al mondo, dopo Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita. E come questi ultimi nei mesi scorsi ha accelerato le estrazioni, fino al record storico di 5,25 mbg ad agosto. Oltre metà dell’output deriva però dalle oil sands, che hanno costi di elevati. Inoltre il Paese sconta una grave inadeguatezza delle infrastrutture per l’export, problema ancora ben lontano dall’essere risolto: l’ultimo intoppo risale alla settimana scorsa, quando un tribunale Usa ha di nuovo fermato la realizzazione del l’oleodotto Keystone XL, che era stato “resuscitato” da Trump.
Il greggio canadese, anche per la qualità inferiore, è sempre stato più economico del Wti. Ma l’insufficienza delle pipeline, diventata insostenibile con la crescita record della produzione, ha fatto esplodere il differenziale di prezzo: a ottobre il Wcs, greggio bituminoso, è arrivato a costare 52 $ meno del Wti (storicamente lo sconto è circa 15 $). Ora lo spread si è un po’ ridotto, ma visto che anche il valore del riferimento Usa è crollato non c’è stato sollievo per i produttori canadesi: il Wcs costa 15,70 $/barile, vicino al minimo di 12,90 $ toccato nel 2016.