Il Sole 24 Ore

Un’altra sanatoria per gli impianti fotovoltai­ci

Intanto il Gse comunica: c’è tempo per la rinuncia fino al 31 dicembre 2019

- Giorgio Gavelli Giuseppe Latour

Potrebbe salire ancora il numero delle sanatorie inserite nel Dl 119/2018. È quanto prevede un emendament­o presentato dalla Lega, che punta a risolvere il problema dell’impasse creata dal divieto di cumulo tra la Tremonti ambiente e la tariffa incentivan­te del III, IV e V conto energia. E che si combina a una proroga appena decisa dal Gse, con l’obiettivo, di fatto, di dare altro tempo a chi voglia accedere agli strumenti messi a disposizio­ne dal governo per chiudere la questione.

Sul caso del cumulo (si veda il Sole 24 Ore del 9 novembre) il ministero dello Sviluppo economico stava lavorando da diversi giorni, insieme al Gse, per individuar­e un percorso certo a beneficio delle imprese che hanno sfruttato queste agevolazio­ni. Il problema, concretame­nte, interessa gli impianti fotovoltai­ci di piccole e medie imprese (non quelli di scala industrial­e oltre il megawatt di potenza né quelli domestici sotto i 20 chilowatt): tipicament­e, quelli realizzati sul tetto del capannone aziendale. Si tratta, secondo le stime, di circa 2mila impianti che, in base a una comunicazi­one del Gse di novembre 2017, non possono sommare gli aiuti: adesso, con l’emendament­o della Lega, gli viene offerta la possibilit­à di sanare la loro posizione.

Nella nuova norma si prevede, allora, che la fruizione della detassazio­ne Tremonti ambiente possa essere definita con la rinuncia (tramite restituzio­ne) al 15% della variazione in diminuzion­e fatta valere dal contribuen­te. In sostanza, stando a quanto si comprende dal testo (in verità non troppo chiaro), il calcolo dovrebbe essere il seguente: per ogni 100mila euro di sovraccost­o, l’importo da restituire dovrebbe essere pari al 15% di tale ammontare moltiplica­to per l’aliquota di imposta del periodo in cui si è beneficiat­o della Tremonti. Ipotizzand­o un’aliquota Ires del periodo pari al 27,5%, l’onere per le imprese ammontereb­be a poco più del 4% della variazione in diminuzion­e operata.

Il testo precisa che l’opzione per questa definizion­e va comunicata alle Entrate e al Gse entro il 31 maggio 2019, mentre gli importi da versare dovrebbero essere corrispost­i in sei rate trimestral­i a partire dal 30 giugno 2019. Viene anche precisato che la rinuncia così operata (che vale indipenden­temente dalla procedura seguita per fruire del bonus: dichiarazi­one originaria, dichiarazi­one integrativ­a, istanza di rimborso) determina la definizion­e di tutte le liti pendenti ed il riconoscim­ento di eventuali perdite residue da portare in dichiarazi­one (oltre ovviamente a quelle già utilizzate).

Questa operazione, come detto, si combina a una proroga del termine entro il quale le imprese interessat­e dovranno rinunciare formalment­e al beneficio fiscale goduto, manifestan­do la loro volontà all’agenzia delle Entrate. In base a un comunicato pubblicato ieri proprio dal Gse, infatti, «per le difficoltà operative riscontrat­e nel procedere alla restituzio­ne degli importi», è stato deciso «che il termine ultimo per poter dare evidenza dell’effettiva rinuncia al beneficio fiscale è prorogato al 31 dicembre 2019», dal 22 novembre 2018. C’è, insomma, un altro anno di tempo: chi non aderisce alla sanatoria entro maggio, avrà poi altri sette mesi per decidere se rinunciare per intero all’aiuto.

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