Lo strumento Pmi va verso le startup
Da mero finanziatore (a fondo perduto) dell’innovazione la Commissione Ue si trasforma in investitore, con l’introduzione dell’equity. Si pone il problema di come proseguire i progetti già validati
Dal 2014 a oggi circa 55mila imprese europee hanno fatto domanda allo Strumento Pmi, che ha distribuito un miliardo e mezzo su circa 3.800 progetti finanziati. L’Italia è lo stato membro che ha generato più proposte nel corso di questi quattro anni, e anche se abbiamo raccolto meno di altri, possiamo vantare una buona performance, con circa 450 aziende italiane vincitrici di un finanziamento in Fase 1 e 92 di un Fase 2. Il totale delle risorse attribuite all’Italia è a oggi di circa 150 milioni di euro, il 10% di tutto il budget stanziato. Al di là dei numeri contano le storie delle aziende finanziate. Nel corso di dodici incontri organizzati in questi anni da Apre e Scuola Sant’Anna, in collaborazione con Een e partner locali in diverse città italiane, abbiamo avuto modo di ascoltare le voci di imprenditori e manager di aziende beneficiarie. Ieri, nel corso dell’ultimo incontro, tenuto a Genova in collaborazione con Università di Genova e Unioncamere Liguria abbiamo affrontato il tema della nuova caratterizzazione che verrà data allo strumento nel corso del prossimo biennio.
La Commissione infatti, nella prossima programmazione 2021-27 proporrà agli Stati Membri di investire dieci dei 100 miliardi previsti per Horizon Europe, su strumenti che spingano le aziende europee alla conquista di mercati globali. Non solo dunque risorse per facilitare il trasferimento tecnologico, ma anche per affiancare ambiziose fasi di commercializzazione. Il cocktail di strumenti andrà a essere gestito da una nuova struttura che prenderà il nome di European Innovation Council. Lo strumento di intervento principale, chiamato Eic Accelerator, sarà composto da un contributo a fondo perduto a cui andrà affiancato un intervento in equity. Le aziende selezionate potranno godere di finanziamenti significativi, da negoziare proprio come con un investitore privato, fino a circa 15 milioni di euro per facilitare e velocizzare la loro scalata ai mercati. Nello stesso documento Bruxelles propone di costituire uno special purpose vehicle attraverso il quale sarà la Commissione stessa a investire nelle aziende più innovative, acquisendo quote fino a un massimo del 25% del capitale.
Più a monte, lo strumento Pathfinder andrà a sostenere gli sviluppi di ambiziosi progetti di ricerca, che denotano potenziali di mercato. Con risorse per progetto fino a 4 milioni di euro, Pathfinder è pensato per nuclei di ricercatori che stanno definendo un loro business model e un progetto di azienda. La costituzione di una startup è proprio il fine ultimo a cui questo strumento mira di arrivare.
La novità è che questi strumenti saranno testati già dal prossimo anno, attraverso un programma pilota che accompagnerà le fasi finali di Horizon 2020, e andrà ad allocare nel corso del prossimo biennio circa 1,2 miliardi. I dettagli operativi si concretizzeranno entro marzo 2019.
Cosa succederà allo Strumento Pmi così come lo conosciamo? Probabilmente si andrà verso l’esaurimento del ruolo del Fase 1, mentre il Fase 2 cambierà pelle e andrà a confluire nello strumento acceleratore. I tagli del finanziamento saranno aumentati, verrà preservata una componente a fondo perduto, ma verrà introdotta la novità dell’equity, facendo così giocare alla Commissione il ruolo di investitore (oltre che di finanziatore). Saranno tutte da capire le interfacce con gli altri programmi, come ad esempio Pathfinder e andranno definite le sinergie con gli altri strumenti finanziari (InnovFin e InvestEu) che prevedono un intervento della Eif a garanzia e supporto di operatori di mercato.
Infine, rimane sul tappeto una progettualità di altissima qualità, già concretizzata, che è stata valutata idonea a ricevere lo Strumento Pmi, ma non finanziata per mancanza di risorse. Risulta che “in lista di attesa” rimangano 3.700 imprese in tutta Europa: 400 delle quali in Italia. Queste proposte documentano richieste di finanziamento di circa 6,5 miliardi di euro a livello europeo; 500 milioni circa solo in Italia. Alcuni paesi Europei, come ad esempio la Finlandia, hanno deciso di replicare su scala nazionale lo strumento Pmi, andando a recuperare con risorse proprie le aziende finite in “lista d'attesa”. Può essere questa una strada da percorrere in Italia per dare seguito a questi progetti di investimento?
* National contact point H2020 di Apre ** Rappresentante nazionale Pmi, docente
Scuola Sant’Anna di Pisa
La Finlandia recupera con risorse proprie le aziende in lista. È una soluzione