QUANDO I PATRIMONI SCOMMETTONO SULLE IMPRESE
Sempre più gli operatori del private banking, che gestiscono 800 miliardi di euro e svolgono un’attività di consulenza per la crescita e la conservazione dei patrimoni delle famiglie benestanti, hanno preso consapevolezza di come un’efficiente gestione delle scelte finanziarie della clientela possa avere un impatto positivo anche per la collettività. La clientela private dispone di patrimoni ampi, largamente diversificati e senza esigenze di immediata liquidabilità, adatti per investimenti di medio e lungo periodo come i progetti di sviluppo delle imprese.
Se il ruolo propulsivo dei patrimoni delle famiglie benestanti fosse collettivamente riconosciuto, troverebbe un terreno ancor più favorevole al suo consolidamento, aiutando i decision maker nel disegno di politiche volte a favorirne lo sviluppo e a rafforzarne il ruolo. Di qui l’interesse a verificare il sentimento della collettività nei confronti della ricchezza, dei modi in cui è stata generata e i giudizi sul suo utilizzo attraverso un’indagine affidata al Censis - che da 50 anni indaga i sentimenti degli italiani con un metodo «dappertutto e rasoterra», per citare l’ultimo libro del suo fondatore Giuseppe De Rita - che ci ha permesso di fotografare una realtà ampia e diversificata, rappresentativa del Paese.
I risultati ci hanno confortati nell’evidenziare che il 52,4% degli italiani pensa che la ricchezza sia un’opportunità se investita bene e che sono in molti ad associare ai benestanti sentimenti come ammirazione, rispetto ed emulazione, anche se un 13,5% afferma di provare invidia e un 48,8% indifferenza. Passando all’opinione sui professionisti che offrono servizi di consulenza finanziaria a persone con grandi patrimoni, il 79,6% li giudica utili quando indirizzano gli investimenti con positivi effetti per la collettività e il benessere di tutti. Il rapporto fornisce pertanto diversi stimoli all’industria del private banking su come svolgere un ruolo attivo di sostegno alla crescita del Paese, conciliandolo con l’obiettivo primario di protezione e sviluppo dei patrimoni che la clientela affida alla sua cura.
Su due fronti, in particolare, sono emerse evidenze che chiariscono alcuni campi di azione: da un lato, quelle provenienti dall’analisi delle motivazioni che orientano le scelte di investimento della clientela; dall’altro dalle affermazioni riguardanti i passaggi generazionali, rilevanti per la più specifica categoria dei clienti-imprenditori. Nell’analisi delle scelte di investimento della clientela private, la ricerca restituisce la descrizione di un gruppo sociale che, in un quadro economico finanziario globale e con dinamiche professionali sempre più sovranazionali, esprime comunque un’attenzione al proprio Paese e alle ricadute sociali delle proprie scelte di investimento.
Il private banking deve tener conto di questa sensibilità e cercare di proporre alla clientela opportunità in grado di coniugare il legittimo interesse alla tutela e all’accrescimento del patrimonio con la destinazione di una parte di ricchezza alla partita dello sviluppo economico del Paese. Si tratterà di accompagnare l’investitore nella definizione della quota di portafoglio destinabile, affinché la diversificazione non sia solo garantita ma anche ottimizzata, nella valutazione dell’orizzonte temporale, tipicamente più dilatato per gli investimenti in economia reale e nella selezione dei veicoli più adatti messi a disposizione dal mercato.
Il campo di analisi degli imprenditori offre ulteriori spunti di riflessione per il settore, con l’emergere di un quadro con ampi spazi di intervento, innanzitutto sui sistemi di governance delle imprese familiari. Gli imprenditori intervistati dichiarano di finalizzare i loro investimenti alla conservazione del patrimonio per trasmetterlo agli eredi, ma nella grande maggioranza dei casi non hanno risolto il problema del passaggio generazionale riguardante l’attività imprenditoriale e una buona parte afferma di non averci neanche pensato. Questa “miopia” gestionale è una evidente fragilità delle imprese italiane e pone limiti a una crescita sostenibile, determinando potenziali costi sociali.
Ecco dunque l’ambito d’azione possibile per il private banking che, attraverso servizi di wealth management, può affiancare l’imprenditore nella scelta di soluzioni che salvaguardino la continuità aziendale e il patrimonio famigliare, con benefici per la proprietà ma anche per la collettività. Ho fatto cenno a interventi specifici del private banking, ma credo il rapporto del Censis possa essere un utile strumento di stimolo nei confronti di diversi altri stakeholder che, con le loro azioni di governo, indirizzo e controllo possono favorire l’affermarsi di un circolo virtuoso tra investimenti privati ed economia reale.
Presidente dell’Associazione italiana private banking (Aipb)
Il Piano Marshall. Dopo la seconda guerra mondiale l’European Recovery Program, che ebbe uno stanziamento di 14 miliardi di dollari, fu uno dei piani voluti dagli Stati Uniti a sostegno della ricostruzione dell’Europa. Ad annunciarlo il 5 giugno 1947 fu l’allora segretario di Stato George Marshall, da cui prese il nome
Il forum. Si svolge oggi a Milano (Borsa Italiana, Palazzo Mezzanotte, ore 9,30-14) il XIV forum del private banking, organizzato dall’Aipb (Associazione italiana private banking) in collaborazione con Borsa Italiana