Sequestro ad ampio spettro nell’abuso di informazioni
Nelle inchieste su insider trading il sequestro preventivo colpisce legittimamente sia il profitto del reato sia l’”investimento” iniziale funzionale alla commissione dell’illecito. La misura sanzionatoria prescinde in sostanza anche dalla presenza o meno di un profitto derivante dall’utilizzo di informazioni riservate.
La Quinta penale della Cassazione (sentenza 54524/18, depositata ieri) ha esplicitato in una lunga motivazione il contenuto dell’articolo 187-sexies del Tuf circa le conseguenze dell’insider trading, laddove si prevede appunto che «l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie (...) importa sempre la confisca del prodotto o del profitto dell’illecito e dei beni utilizzati per commetterlo» , con l’inevitabile corollario che la stessa « può avere ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente».
Il ricorso era relativo all’inchiesta della procura di Milano sulle presunte soffiate in materia di Opa di alcuni giovani avvocati di importanti studi milanesi, deflagrata a inizio anno con un’ondata di arresti e il sequestro di 878mila euro ai danni del presunto istigatore. Secondo i di- fensori dell’avvocato - ed ex ufficiale della Gdf, come molti degli indagati - il decreto di sequestro del Gip aveva illegittimamente sommato al profitto del reato su tre Opa (61 mila euro) le provviste necessarie a fare incetta di azioni,tra il 2012 e il 2014, di due società quotare a Milano e una a Parigi (in totale 816 mila euro di investimento iniziale). Per i giudici della V il ricorso è totalmente infondato, in quanto le somme impiegate per rastrellare azioni sono «lo strumento utilizzato per attuare la condotta criminosa» e quindi beni strumentali legati a vincolo di pertinenzialità con la condotta penalmente rilevante. Del resto, sottolinea il relatore, la Cassazione (42778/17) ha esteso il concetto di beni utilizzati per commettere il reato anche ai finanziamenti concessi da una banca ai clienti per l’acquisto di azioni e obbligazioni dello stesso istituto per dribblare l’ispezione della vigilanza. Del tutto infondata, secondo la Quinta, anche la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 187 del Tuf perchè «il reato è consumato a prescindere dal risultato dell’operazione finanziaria».