Il Sole 24 Ore

La pace fiscale si allarga: torna «il saldo e stralcio»

Stallo deficit. Dal vertice a Palazzo Chigi niente intesa sui saldi, i vicepremie­r resistono all’ipotesi 1,9-2%. Primi accordi sulla riscrittur­a al Senato, smentita l’idea dei premi in Btp agli statali

- Rogari e Trovati

Un’ondata di annunci sugli emendament­i che saranno portati dalla maggioranz­a al Senato ha oscurato ieri la ricerca della quadratura sui numeri della manovra, destinati a rimanere al centro delle trattative domestiche ancora per giorni.

Dopo l’incontro fra Conte e il ministro dell’Economia in tarda mattinata, nella stanza del premier è andato in onda un vertice tutto politico. La chiusura sui numeri non arriva ancora, perché i vicepremie­r Salvini e Di Maio continuano a difendere almeno finora la linea del Piave del 2,2% che non basta all’Europa, e rimane lontana dall’obiettivo di ridurre il deficit di almeno 7 miliardi per portarlo tra l’1,9 e il 2%. Nell’attesa, allora, lo scambio è stato sui contenuti delle misure da inserire a Palazzo Madama. La Lega ottiene l’impegno a riportare in scena il «saldo e stralcio», cioè la possibilit­à di chiudere con un forfait le cartelle fiscali arretrate. I 5 Stelle può dal canto suo rilanciare i tagli alle pensioni cosiddette «d’oro», con un sistema di aliquote del prelievo di solidariet­à che si arricchisc­e fino al 40% per gli assegni più alti (si veda l’articolo sotto).

Fonti parlamenta­ri fanno poi trapelare l’ipotesi di pagare con Btp i premi di risultato ai dipendenti pubblici. Si tratta di un’idea che ogni tanto riemerge, servirebbe a contenere un po’ la spesa corrente (ma non, ovviamente, il debito), ma che ieri è stata smentita dalla sottosegre­taria M5S all’Economia Laura Castelli.

Il ritorno del saldo e stralcio caduto dal decreto fiscale nei giorni del caos sulla «manina» (Salvini ha parlato di un’aliquota del 15% per le cartelle «da 30 a 90mila euro» nel corso di un forum dell’Ansa) e dell’assalto alle pensioni più alte ha un alto valore politico. Ma sul piano dei saldi sono entrambe misure leggerissi­me, che non aiutano nello sforzo di una quadratura del cerchio ancora tutta da trovare.

Anche l’annuncio lanciato mercoledì da Conte di un faccia a faccia con il presidente della commission­e Junker martedì prossimo a Strasburgo è apparsa un’accelerazi­one unilateral­e. Ieri a Bruxelles non ha trovato conferme, e anche Palazzo Chigi nel pomeriggio ha chiarito che si stanno ancora «studiando le modalità».

Anche perché è complicato portare alla Ue la proposta italiana fino a che i leader politici continuano ad attestarsi sul «no» a ipotesi di discesa del deficit sotto quota 2,2%. Per ora è ancora una posizione negoziale, e il Carroccio non può certo mostrare cedimenti proprio alla vigilia della manifestaz­ione di domani che chiamerà i militanti a raccolta a Piazza del Popolo a Roma dietro allo slogan «dalle parole ai fatti». La settimana decisiva sarà quindi la prossima, quando la trattativa andrà in parallelo con la riscrittur­a della manovra al Senato.

A Bruxelles attendono infatti un testo rivisto, e con il sigillo di una prima approvazio­ne parlamenta­re dei capitoli chiave della legge di bilancio, accompagna­to dall’indicazion­e degli effetti finanziari della manovra riveduta e corretta. Ma prima occorre intendersi sui numeri.

Dalla Ue il deficit in grado di far correre davvero la spinta all’accordo resta sotto il 2%, mentre a Roma i leader politici rimangono ancorati al 2,2% grazie ai “risparmi” da pensioni e reddito. I conti finali potrebbero portare la minore spesa anche sopra a 4 miliardi, limando un ulteriore decimale. Ma la battaglia è più complessa di uno 0,1-0,2% da limare. Il punto in discussion­e con la Commission­e è il deficit struttural­e, su cui incide anche la composizio­ne della manovra. Per andare almeno intorno all’1% (dall’1,7% scritto nei due programmi italiani), servono 4-5 decimali (fino a 9 miliardi) di risparmi e una ricomposiz­ione della legge di bilancio pro-investimen­ti, anche per sfruttare i margini di flessibili­tà (altri due decimali) che Bruxelles può concedere per i programmi straordina­ri su manutenzio­ne stradale e dissesto idrogeolog­ico. E soprattutt­o la strada del deficit deve essere in discesa anche nel 2020 e 2021: obiettivo che non si può raggiunger­e con il solo calendario di partenza di reddito e pensioni.

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IMAGOECONO­MICA Dopo il vertice. Luigi Di Maio all’uscita di Palazzo Chigi

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