Scontro Usa-Cina e calo del petrolio: shock sulle Borse
La giornata. Il caso Huawei fa crollare i listini: Milano (-3,54%) la peggiore in Europa. Vendite sui bancari e grande volatilità Lo spread BTp-Bund s’impenna e torna a sfiorare quota 300
Prima l’arresto in Canada, all’interno di un’indagine della giustizia Usa su presunte violazioni al divieto di commercio con l’Iran, del direttore finanziario di Huawei. Poi, in scia al rinvio sul taglio alla produzione da parte dell’Opec, il calo del prezzo del petrolio. È l’uno-due che, unitamente alle schermaglie nel Parlamento britannico sulla Brexit, ieri ha mandato al tappeto i mercati.
I listini europei, dopo che Tokyo già aveva lasciato sul terreno l’1,9%, hanno tutti chiuso in rosso. Piazza Affari, maglia nera, ha ceduto il 3,54% mentre Francoforte e Londra hanno perso rispettivamente il 3,48% e il 3,15%. La stessa Wall Street in serata, mentre il Vix balzava intorno a quota 25, viaggiava in ribasso di quasi il 2% . La dinamica delle vendite è stata poi replicata sul fronte del nostro reddito fisso: lo spread BTp-Bund è risalito fino a 298 punti base.
Il timore del protezionismo
Al di là delle percentuali quali le cause di un simile “smottamento”? La prima, per l’appunto, è di natura giudiziaria. L’arresto di Meng Wanzhou, cfo di Huawei e figlia del fondatore del colosso telefonico Ren Zhengfei, ha un significato che va oltre la singola storia aziendale. Certo: stiamo parlando di un player globale leader nei cellulari e, soprattutto, nelle infrastrutture di rete. Una società nei cui confronti Washington, sospettandola di cyber spionaggio, ha preso diversi provvedimenti per bloccarne vendite ed attività in America (e in altri Paesi).
Ciò detto, però, la notizia dell’arresto ha impattato i listini soprattutto perchè ha un valore segnaletico rispetto al più ampio tema della guerra commerciale tra Usa e Cina. Quella “trade war” che, a torto o ragione, preoccupa gli investitori. Secondo l’ultimo sondaggio di BofAML il protezionismo doganale è considerato, dai gestori globali, il rischio più grande per i mercati. Con il che si capisce il perchè della reazione in Borsa. Gli investitori, al di là del concreto impatto macroeconomico delle tariffe (limitato), temono il “salto nel buio”. Cioè: gli operatori, nell’ipotesi si concretizzasse lo scontro tra America e il Paese del Dragone, percepiscono che sarebbe difficile mettere in piedi una risposta coordinata come, ad esempio, nel 2008. Gli elementi di “disgregazione”, soprattutto geopolitica, sono troppi. Basta, in tal senso, pensare alla stessa Brexit oppure alla discussione tra l’Ue e l’esecutivo italiano sulla nostra legge di bilancio.
Moody’s e le banche italiane
Già, la legge di bilancio. Ieri, sul fronte del braccio di ferro tra Roma e Bruxelles, non ci sono stati spunti eclatanti. Eppure le vendite hanno travolto Piazza Affari e i titoli bancari (l’indice di riferimento è crollato del 5,18%). Perchè? Un motivo è da ricercarsi nel contesto di avversione al rischio («risk off») che avvolge i listini. Non appena l’incertezza aumenta, da un lato, la volatilità diventa protagonista; e, dall’altro, si vendono gli asset valutati meno sicuri come il BTp o le banche (vera proxy del “rischio Italia”). Oltre a ciò bisogna poi ricordare che Moody’s ha pubblicato un report in cui ha confermato l’outlook negativo proprio sui nostri istituti di credito. La decisione non è “sconvolgente”. E, però, l’agenzia di rating ha esplicitamente motivato la scelta sottolineando che, nonostante il miglioramento rispetto agli Npl, la redditività delle banche resta sotto pressione a causa del rialzo del costo della raccolta e delle potenziali tassazioni. Insomma: una “manna” per chi cercava il pretesto per vendere.
Ma non è stata solo una questione di titoli finanziari o tecnologici. Lo stesso petrolio ha recitato il ruolo di market mover ribassista. L’oro nero, nelle ultime sedute, aveva recuperato sulla scommessa di un deciso taglio alla produzione da parte dell’Opec. Ieri, nella prima giornata della riunione dei paesi produttori, l’ok alla decisione non è arrivato. Il che ha spinto le vendite: il Brent, in serata, ha chiuso sotto i 60 dollari al barile (il Wti ha ceduto il 3,7%). Quasi inutile dire che, nella classica correlazione positiva, le Borse europee, già pesanti per il caso-Huawei, si sono spinte ancora più giù.
Infine i titoli di Stato americani. Il rendimento del T-Bond decennale è ulteriormente calato. Una situazione che ha contribuito a mantenere l’appiattimento della curva dei rendimenti statunitensi. Per molti è l’indizio che il mercato sconta il rallentamento dell’economia a stelle e strisce. Per altri, invece, solo la reazione ai futuri rialzi dei tassi da parte della Fed. Due interpretazioni opposte che, se ce ne fosse ancora bisogno, segnalano la sempre maggiore incertezza presente sui mercati.