Il Sole 24 Ore

L’infinita guerra commercial­e e i tre motivi del crollo globale

Danni minimi, tensioni alle stelle: il paradosso dello scontro sulle tariffe

- Morya Longo á@MoryaLongo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La guerra commercial­e tra Stati Uniti e Cina è il maggior rischio percepito dagli investitor­i globali. E, secondo un sondaggio di Bank of America, è al primo posto da ben sei mesi. Eppure se si chiede agli investitor­i di quantifica­re questo pericolo, le stime che emergono sono basse: secondo i calcoli di Pictet Am le tariffe attuali provocano un potenziale calo del Pil cinese dello 0,3% e di quello Usa dello 0,1%. Nulla di drammatico. L’impatto delle tariffe potenziali future sarebbe maggiore, certo, ma sul mercato in pochi credono davvero che Trump e Xi Jinping possano arrivare a una guerra commercial­e totale.

Allora perché ogni evento che riguarda Stati Uniti e Cina, come l’arresto della figlia del fondatore di Huawei di ieri, crea tracolli così violenti nelle Borse? Le risposte plausibili sono tre. Uno: a pesare più delle tariffe è l’incertezza che lo scontro Usa-Cina crea. Due: il timore è che la guerra commercial­e sia solo la punta di un iceberg di una battaglia più profonda tra le due super-potenze. Tre: i mercati hanno un malessere di fondo e, dopo dieci anni di rally, ormai cercano solo un pretesto per sgonfiarsi.

Incertezza globale

La politica è sempre più fonte di preoccupaz­ione per i mercati. Secondo il Policy uncertaint­y index, l’incertezza politica a livello globale è su livelli storicamen­te molto elevati: dalla fine degli anni 90 solo una volta questo indice è stato più alto. Responso simile arriva da un indicatore elaborato da Natixis sui rischi percepiti dai mercati: attualment­e questo indice sta a 80,5 (in una scala che va da zero a 100). La guerra commercial­e, creando una continua sensazione di incertezza sugli esiti finali, contribuis­ce ad alimentare questo clima di paura generale. In pochi credono che si possa davvero arrivare a un’escalation tariffaria, ma tanti si tutelano da questo rischio sui mercati. Esattament­e come pochi credono che l’Italia possa voler mai uscire dall’euro, ma questo pericolo è ugualmente il principale motivo che tiene elevato lo spread dei BTp. Perché l’incertezza ha un costo. E la politica ormai produce incertezza. Smarriment­o.

Guerra fredda 2.0

Anche perché la prova muscolare tra Usa e Cina sui dazi pare essere parte di uno scontro ben maggiore. La paura è l’escalation. «La Cina sta usando i suoi poteri per estendere l’influenza e per interferir­e con la politica interna del nostro Paese», tuonava poche settimane fa il vicepresid­ente Usa Mike Pence. In quel discorso Pence citò anche il fatto che «la spesa militare cinese è oggi pari a quella del resto dei Paesi asiatici messi insieme», affermando che «la sua priorità è di erodere la supremazia militare statuniten­se». Pence parlò della guerra tecnologic­a e di tanti altri temi che separano Usa e Cina. Che dimostrano quanto lo scontro tra le due potenze sia ampio. Profondo. Per questo l’arresto di ieri, che è stato letto come una mossa politica, ha pesato in Borsa.

Il pretesto e il male ignoto

In questo contesto incerto c’è però un elemento che rende i i mercati più sensibili: il fatto che, dopo quasi un decennio di rally, tutti si domandano quanto possa ancora durare il vento favorevole. Sia sull’economia, sia sulle Borse. «Il mercato sembra affetto da una malattia ad ora sconosciut­a», commenta Andrea Delitala di Pictet Am. Cioè ha una crescente percezione di alcuni rischi (non tutti), anche quando i rischi effettivi non sono così grandi (come nel caso della guerra commercial­e Usa-Cina). Questo, forse, è il vero problema: dopo anni di denaro facile e di potenziali bolle (visibili più sui bond aziendali che in Borsa per la verità), la sensazione che la pacchia stia finendo è sempre più diffusa.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy