A rischio un settore che vale il 17% del Pil delle regioni colpite
Imprese e istituzioni locali chiederanno al governo interventi d’urgenza
La questione dei prezzi è soltanto uno dei tanti aspetti dell’emergenza. Nei giorni successivi al ciclone Vaia – che a fine ottobre ha abbattuto tra i 10 e i 12,5 milioni di metri cubi di alberi nel Nord Italia – gli speculatori si sono messi all’opera, cercando di strappare ribassi inaccettabili sulla materia prima, che metterebbero in ginocchio le imprese della filiera.
Ma tutto quel legname a terra va raccolto, stoccato e curato rapidamente, anche per evitare che marcisca, diventando inutilizzabile e dannoso per l’ecosistema circostante. In gioco c’è una filiera industriale che, in Veneto, Friuli e Trentino, vale circa il 17% dei Pil regionali. Il governo sembra averlo compreso dato che, dopo i tanti appelli arrivati da istituzioni locali e associazioni di categoria, ha convocato al Mise, per questa mattina, il primo Tavolo tecnico per la messa in sicurezza, il recupero e la valorizzazione dei boschi colpiti. Presenti i ministri Luigi Di Maio (Sviluppo economico) e Riccardo Fraccaro (Rapporti con il Parlamento), assieme ai rappresentanti delle Regioni e Province interessati, oltre alle comunità forestali e alle associazioni industriali di riferimento (agricoltori, imprese del legno-arredo, costruttori di macchinari per la lavorazione del legno).
«Da sole, con i mezzi e le risorse che hanno a disposizione attualmente, le imprese del settore potranno recuperare al massimo il 50% degli alberi», spiega Emanuele Orsini, presidente di FederlegnoArredo (Fla), l’associazione che ha stilato e consegnato al governo un Decalogo di azioni per la messa in sicurezza, il recupero e la valorizzazione dei boschi devastati dal ciclone. «Se invece il governo ci aiuterà, possiamo sperare di arrivare anche a recuperare e riutilizzare entro l’estate l’80% del legname».
A oggi è stato recuperato il 5% di quanto caduto. Per questo i prezzi non sono diminuiti: il legname attualmente utilizzato dalle segherie italiane ed europee non proviene dai boschi abbattuti, ma da stoccaggi precedenti. Niente speculazioni, dunque, almeno per il momento.
Ma il rischio che possano avvenire nei prossimi mesi è concreto. Anche per questo lo Stato dovrebbe intervenire – è la proposta di Fla – acquistando, stoccando e curando il legname che poi potrà rivendere gradualmente nei prossimi anni, mantenendo così il prezzo di mercato. Oppure incentivando attraverso detrazioni fiscali il trasporto e l’acquisto, da parte di imprese di altre regioni, del materiale proveniente dai territori colpiti. Ma ci sono anche piccoli accorgimenti che possono essere presi nell’immediato e senza particolari oneri per lo Stato, solo superando alcuni inghippi burocratici: «Ad esempio, consentendo ai boscaioli di altre regioni di venire nel Nord-Est per supportare le imprese locali nel taglio degli alberi, cosa attualmente non consentita dalle leggi», dice Orsini.
E poi è urgente cominciare a ripiantare gli alberi: ci vorranno cent’anni per riavere il paesaggio boschivo precedente al ciclone e almeno 40-50 anni per poter tagliare le nuove foreste. Ma, nel disastro, una strategia d’intervento oculata potrebbe rilanciare l’economia dei boschi, creando 35mila nuovi posti di lavoro nelle aree colpite.