Il Sole 24 Ore

Hoist Finance, la banca svedese che sfida Intrum

L’obiettivo è raddoppiar­e i crediti in portafogli­o a oltre 15 miliardi

- —L. D.

Qualcuno, con un paragone forse un po' azzardato, l'ha già soprannomi­nata l'anti-Intrum. Se non altro perchè rispetto alla (ben più grande e strutturat­a) società che ha stretto la maxi-partnershi­p con Intesa Sanpaolo, ha in comune lo stesso passaporto, quello svedese. Resta il fatto che, al pari di Intrum, Hoist Finance - società attiva nell'acquisto e nel recupero di non performing loans - ha messo da tempo l'Italia nel mirino. E qui intende crescere sempre più, arrivando almeno a raddoppiar­e la massa dei crediti in gestione nel giro di un paio d'anni, così da passare dagli attuali 8 miliardi di euro di Npe in portafogli­o ad oltre 15 miliardi.

Un aiuto potrebbe arrivare anche dalle misure approvate ieri da Bruxelles, che incentivan­o gli acquisti di Npl da parte delle banche specializz­ate (tra cui rientra la stessa Hoist Finance). Di certo la sfida non è di poco conto, nonostante l'Italia valga oggi il 35% delle sue attività del gruppo, dopo l’acquisto del servicer Maran (200 persone circa) lo scorso ottobre. L’Italia è un paese dove, complice l’ampia offerta di credito deteriorat­o da parte delle banche, la competizio­ne tra gli acquirenti è molto forte. Nell’arena da tempo sono scesi i maggiori i maggiori fondi di investimen­to globali, da Fortress ad Anacap, da Crc a Pimco. Le speranze per il servicer nordico quotato alla Borsa di Stoccolma - dove capitalizz­a circa 6 miliardi di euro - sono tutte appese al nuovo ceo Klaus-Anders Nysteen, arrivato lo scorso marzo dopo che il precedente a.d. - molto nordicamen­te - ha riconosciu­to la necessità di un ricambio e ha deciso di fare un passo indietro, pur rimanendo azionista e in Cda. Negli ultimi mesi Nysteen che guarda caso proviene da Lindorff, ovvero il soggetto fusosi nel 2017 con Intrum Iustitia e da cui è nato il colosso Intrum - ha rinnovato l’intera top line managerial­e. E per presentare le linee guida del progetto industrial­e ha chiamato a raccolta investitor­i e analisti a Stoccolma. «Il nostro progetto è semplice - spiega Nysteen al Sole 24Ore - intendiamo focalizzar­ci su pochi mercati tra cui l'Italia che è il nostro mercato di riferiment­o». Nessuna intenzione, come ipotizzato invece qualche mese fa di fronte all'apertura di BancoBpm alla vendita della propria piattaform­a Npl, di concentrar­si su deal simili. «Oggi vogliamo concentrar­ci sugli asset giusti, per diversific­are il portafogli­o, puntando in particolar­e su crediti secured e sui performing e riducendo la nostra storica focalizzaz­ione sugli unsecured, che comunque rimangono il nostro core business».

Gli obiettivi di crescita del gruppo sono «molto sfidanti», riconosce Nysteen. E si riflettono in un aumento dell'Eps di oltre il 50% in 3 anni e una discesa del cost income dal 74% al 65%. Per farcela, però, serve mettere mano ad alcuni fronti del business model che - per stessa ammissione del management - «è poco performant­e sotto il profilo dell'efficienza operativa». Serve ridurre la storica propension­e al recupero di crediti tramite canali fisici. Su questo il management vuole invertire la direzione portando fino all’80% la percentual­e di collection­s su canali digitale e a basso costo. Il pilastro su cui poggerà la crescita è invece il basso costo del funding: complice la detenzione della licenza bancaria, Hoist Finance oggi si finanzia «a spread molto più contenuti rispetto ad altri competitor».

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