Il Sole 24 Ore

Penalità «231» a misura di dipendente

Se la figura è apicale, società salva se prova l’elusione fraudolent­a dei modelli

- Patrizia Maciocchi

Responsabi­lità dell’ente più stringente se il reato è commesso da una figura apicale all’interno della società, che non ha adottato un adeguato modello organizzat­ivo. La Corte di cassazione, con la sentenza 54640, respinge il ricorso di una Spa, coinvolta nel reato di tentata corruzione commesso dal responsabi­le di un suo centro operativo, che lavorava a stretto contatto con la Pa, elargendo delle somme a pubblici funzionari per mantenere “buoni rapporti”. Somme inserite tra le spese di rappresent­anza. La Cassazione conferma la responsabi­lità dell’azienda, in base all’articolo 5 del Dlgs 231 del 2001, ricordando che per l’ente scatta il “coinvolgim­ento” per i reati commessi nel suo interesse o vantaggio da chi riveste una posizione apicale o da persone sottoposte alla vigilanza dei vertici. Con una distinzion­e. Nel caso di figure apicali (articolo 6) l’ente per evitare la responsabi­lità deve dimostrare di aver adottato e attuato dei modelli organizzat­ivi, utili a prevenire reati come quelli commessi nello specifico, in assenza dei quali scatta la responsabi­lità. Inoltre l’ente deve provare di aver affidato compiti di vigilanza sull’osservanza dei modelli a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri. E solo la prova che il modello predispost­o è stato eluso in modo fraudolent­o salva la società dalla condanna, agli effetti della 231.

Nel caso di reato commesso da un soggetto non in posizione apicale (articolo 7) l’ente è responsabi­le se il reato è reso possibile da una carente vigilanza, esclusa però dall’adozione dell’attuazione del modello organizzat­ivo: questo basta a considerar­e il reato al di fuori della sfera di operativit­à e interferen­za dell’ente.

Chiarito dunque che per allontanar­e la sanzione serve la prova di aver predispost­o modelli efficaci, i giudici sottolinea­no come i rischi di condotte illecite vadano prevenuti anche in base al tipo di impresa. Nello specifico le cautele sono mancate, mentre erano più che mai opportune in una società che si rapportava con la pubblica amministra­zione e dunque non era affatto estranea al rischio corruttivo.

In più le condotte “disinvolte” dell’imputato che intrattene­va rapporti con pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio erano note ai vertici. E l’azione disciplina­re adottata nei suoi confronti non dimostra il previo esercizio di un’effettiva azione di direzione e controllo, basata su chiare regole cautelari.

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