Capolavori a Napoli
Il modo di raccontare la storia dell’arte è cambiato nei secoli. Per molto tempo ci sono state solo due modalità: la narrazione delle «vite» degli artisti organizzata per medaglioni biografici e le «guide», ovvero le descrizioni analitiche di città, monumenti e opere d’arte. A fine Settecento si cominciò a narrare la storia dell’arte anche raggruppando artisti e manufatti in «scuole» nazionali, regionali o cittadine. Un’altra piccola rivoluzione si manifestò con l’affermarsi della fotografia, che permise alla disciplina di progredire moltissimo.
La storia dell’arte che abbiamo imparato tutti noi si basa, grossomodo, su questa evoluzione, con ulteriori affondi nell’interpretazione delle immagini, nelle ricerche documentarie, nella lettura dei restauri e delle nuove tecnologie applicate all’arte.
Ma è possibile oggi arricchire ancora la didattica artistica introducendo nuovi e diversi argomenti?
Un manuale di storia dell’arte dal titolo Arte. Una storia naturale e civile, che Mondadori Education (con il marchio editoriale Einaudi Scuola) sta preparando sotto la guida di Salvatore Settis, Tomaso Montanari e Claudio Franzoni, risponde positivamente a questa domanda.
Che la storia dell’arte non sia una mera questione di statue e quadri, chiese e scavi, musei e palazzi, ma sia invece una materia legata strettamente all’ambiente, al paesaggio e all’educazione civica dei cittadini, è una consapevolezza maturata negli ultimi quarant’anni. Nel 1975 in Italia venne creato il Ministero dei Beni Culturali. In parallelo si intensificarono le battaglie di Italia Nostra per la tutela ambientale e si attivò il FAI di Giulia Maria Crespi e Renato Bazzoni, il benemerito Fondo per l’Ambiente Italiano che è oggi in prima fila nel sensibilizzare gli italiani all’amore e alla salvaguardia artistica e paesaggistica del Bel Paese.
Tutte queste esperienze hanno lentamente cambiato la nostra mentalità di fronte al patrimonio artistico e paesaggistico; e hanno reso maturi i tempi per provare a scrivere una storia dell’arte diversa che, pur tenendo salde le linee fondamentali della disciplina, le arricchisca di nuovi argomenti e nuove sensibilità.
Il manuale in arrivo (articolato in vari volumi) appare, di primo acchito, un libro tradizionale: lineamenti storici di fondo, introduzione artistiche generali, approfondimenti su artisti e monumenti. Il tutto narrato in uno stile piano e accattivante, e corredato da molte immagini. E sin qui nulla di nuovo. Ma appena si entra nel vivo della lettura ci si accorge della presenza di temi insoliti. Parlando di arte medievale, ad esempio, si è indotti a riflettere sul ruolo civile ed estetico delle piazze, sull’utilità e il valore sociale delle fontane, sulla possente meraviglia che suscitano porte e mura antiche. E persino si è portati a riflettere sul significato profondo che le campane (piccoli capolavori di arte della fusione) hanno rappresentato per le comunità urbane e rurali nei secoli.
All’importanza di considerare il paesaggio come una vera «opera d’arte diffusa», e dunque alla necessità di curarlo, proteggerlo e valorizzarlo, è dato largo spazio in molti punti del manuale. Ma allo stesso modo si affrontano temi che, di solito, vengono trattati dalla stampa quotidiana e non dalla storia dell’arte. Brevi schede inserite nei testi - intitolate «Via di fuga» servono a educare gli studenti, ad esempio, alle criticità e ai pericoli che affliggono il patrimonio artistico nazionale: la minaccia quotidiana rappresentata dai transatlantici che penetrano nel cuore di Venezia, l’acritico turismo d’assalto che mette a repentaglio i monumenti, l’uso improprio di antichità, musei e monumenti per un malinteso concetto di valorizzazione. E via di questo passo.
Il nuovo manuale Arte. Una storia naturale e civile sarà pronto in primavera, in tempo per le eventuali adozioni da parte degli insegnanti. Un gruppo dei quali, questa settimana, è stato invitato a Matera (a Palazzo Viceconte), in presenza del sindaco Raffaello De Ruggieri, per la prima presentazione pubblica dell’ambizioso progetto editoriale. E Matera non è stata scelta a caso. Non solo perché nel 2019 sarà la Capitale europea della cultura, «ma perché Matera - ha spiegato Salvatore Settis - è una città rupestre nata in armonia con la natura . E quando il degrado l’ha umiliata, è riuscita a riscattarsi proprio rispettando e valorizzando le sue bellissime e peculiari caratteristiche».
La mostra «Rubens, Van Dyck, Rivera. La collezione di un principe» aperta
alle Gallerie d’Italia - Palazzo Zevallos Stigliano di Napoli fino al 7 aprile 2019 (a cura di Antonio Ernesto, Gabriele Finaldi, Giuseppe Porzio e Renato Ruotolo) riunisce per la prima volta
nel palazzo napoletano (sede delle raccolta di IntesaSanpaolo) 36 capovalori della collezione Vandeneynden, la famiglia che abitò la sontuosa dimora di via Toledo dagli ultimi decenni del
Seicento