Autonomia Regioni, proposta di governo solo il 15 febbraio
Il leader silenzioso è il sindaco di centrodestra Francesco Rucco Fallita la quotazione della fiera, Benetton sale nell’azienda di Zonin
Verrà resa nota solo il 15 febbraio la proposta di governo sull’autonomia differenziata chiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Lo ha deciso ieri il Consiglio dei ministri. A complicare il quadro, le istruttorie dei ministeri a gestione M5S mentre quelli a guida leghista hanno già formulato i pareri di competenza.
Sullo sfondo di una banca che non c'è più – e un management “storico” praticamente scomparso -, a Vicenza si fa strada un centrodestra moderato e un’imprenditoria che deve fare i conti con il passaggio generazionale o che tenta la carta della diversificazione in attività lontane dal core business.
In pochi anni la città veneta ha cambiato faccia. Non si può parlare di crisi, essendo ancora uno dei luoghi più produttivi d'Italia, ma non sono mancati gli scossoni politici. Il vero leader “silenzioso” è il sindaco Francesco Rucco, che ha permesso al centrodestra di tornare alla guida dell’amministrazione comunale dopo i 10 anni di Achille Variati, attuale presidente dell’Upi. Secondo i conoscitori della città, a determinare il cambiamento sono i voti dei moderati vicentini che si spostano tra il centrodestra e il centrosinistra, più interessati alle liste civiche che alla politica in senso tradizionale.
Il “civismo” di Vicenza
Rucco ha vinto in una città nella quale la Lega non ha superato il 15%, pur all’interno di una provincia dove il Carroccio è riuscito a raggiungere punte del 60%. Rucco può comunque beneficare di buoni rapporti con il ministro degli Interni e leader leghista Matteo Salvini e con il premier Conte. Quasi assente in città il Movimento 5 Stelle, che qui non è riuscito ad avere candidati “certificati”.
Altro personaggio che in questo momento rappresenta la città è l’assessore regionale al Lavoro e all’istruzione Elena Donezzan, classe 1972, di Bassano del Grappa, considerata per molto tempo, a livello locale, una sorta di trait d’union tra Forza Italia e Lega. Poi questo trait d’union si è rotto, con la sua fuoriuscita dagli azzurri. È rimasta però nella squadra del governatore Luca Zaia, il leghista più amato a Vicenza, forse perché ancora interpreta il partito di un tempo, quello più orientato a far valere le ragioni del Nord che quelle del sovranismo italiano.
Zaia continua a dire prima il Veneto, anche con il cambio di pelle del Carroccio dopo le elezioni e l’alleanza con i pentastellati a Palazzo Chigi. A Vicenza questo messaggio non passa inosservato ed è ancora lui il leghista sui cui il territorio riversa più aspettative. Il suo uomo forte all’interno della Regione si chiama Domenico Mantoan, manager della Sanità, che gestisce l’80% del bilancio del Veneto.
Sullo sfondo una nota dolente: nonostante ci sia stato nel 2017 un referendum consultivo sull’autonomia regionale dai risultati nettamente positivi - e malgrado la presenza al ministero dell’Autonomia della vicentina “salviniana” Erica Stefani - la tanto attesa autonomia veneta rimane ad oggi senza un progetto concreto.
Gli altri uomini ritenuti in ascesa nel mondo politico leghista vicentino sono il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti, già assessore nella prima giunta Zaia, e Mara Bizzotto, capogruppo nel parlamento europeo e vicina a Salvini.
Imploso invece il Pd, che anche a Vicenza si caratterizza per correnti litigiose, locali o renziane che siano. Un tempo il volto vicentino dei democratici era Alessandra Moretti, ma oggi non è più presente nel dibattito pubblico.
L’impresa e la diversificazione
Il mondo imprenditoriale aspetta le risposte nel campo delle infrastrutture e della maggiore autonomia regionale. Si sente dunque più vicino ad un uomo come Zaia piuttosto che al nuovo circuito salviniano. Chiede che venga completata la Tav e la Pedemontana veneta, e per questo è entrato in conflitto con il ministro per le Infrastrutture Danilo Toninelli. Ma il presidente di Confindustria Vicenza Luciano Vescovi cerca di essere positivo: «Il governo del cambiamento ha dimostrato in effetti di saper cambiare opinione, ad esempio sulla Tap e sull’Ilva, quindi ci aspettiamo che ci possano essere dei passi in avanti anche per il nostro territorio e per le necessità
degli imprenditori».
La forza di Vicenza sono ancora i suoi distretti: dall’orafo al tessile, dalla meccanica all’agroalimentare. Qui si esporta fino al 90% della produzione. Non ci sono tanto manager quanto imprese di famiglia che ora si ritrovano a gestire il passaggio generazionale con fatica.
La sfida che molti imprenditori affrontano in questi ultimi anni è quella della diversificazione, ovvero la spinta verso nuovi settori dove mettere a frutto i ricavi. Il caso simbolo è la famiglia Spezzapria, della Forgital, che ha acquisito la Melegatti, passando dal metallo al dolciario; ma ci sono anche acquisizioni all’estero, come la
conceria Pasubio che acquista una conceria in Serbia. Molti imprenditori si rivolgono a consulenti perché cercano anche aziende al Sud.
Cosa resta della finanza
La Popolare di Vicenza non esiste più. Ma nonostante le inchieste giudiziarie non ci sono state manifestazioni e “rivolte” cittadine come avvenuto in altre città (vedi Siena o Arezzo). L’immagine di Gianni Zonin, ex presidente della banca, è solo parzialmente offuscata, perché in molti lo ricordano come “amico” degli imprenditori.
E infatti dalle stesse carte dell’inchiesta emergerebbe che le finte
patrimonializzazioni venivano fatte con il sistema dei finanziamenti “baciati”: prestiti concessi senza garanzie in cambio dell’acquisto di azioni.
Un altro nome della finanza, Alessandro Benetton, ha fatto recentemente parlare di nuovo di Zonin. La sua società 21 Invest è entrata nella Zonin821, azienda leader nel settore vitivinicolo, con una quota del 36%.
Un’altra operazione finanziaria non è invece ancora riuscita: la quotazione della Fiera di Rimini e Vicenza. La spiegazione ufficiale è la Borsa in questo momento non è favorevole.