ALTA VELOCITÀ, CONCORRENZA E CRESCITA PER IL PAESE
Nel dicembre 2008 partiva il servizio di alta velocità sulla linea TorinoMilano-Firenze-Bologna-Roma-Napoli-Salerno. Ricordo con emozione quel viaggio inaugurale. Da allora sono trascorsi dieci anni, come ci ricordano le pagine che le Ferrovie dello Stato stanno pubblicando con legittimo orgoglio sui principali quotidiani nazionali.
Senza dubbio il progetto di Alta velocità è stato il principale investimento del Paese sul sistema dei trasporti negli ultimi decenni per un totale di circa 30 miliardi di euro.
È quindi legittimo, anzi doveroso interrogarsi sugli effetti che esso ha avuto sul sistema dei trasporti e non solo, sull’assetto territoriale ed economico dell’Italia, e delle lezioni che si possono trarre per la programmazione futura degli investimenti ferroviari. Esperienze e indicazioni che hanno anche un valore per la Unione europea perché il nostro Paese dal 2012 è l’unico al mondo in cui si è introdotta, anche attraverso il lavoro dell’Agenzia di regolazione dei trasporti, la concorrenza fra due operatori ferroviari sulle linee Av. Trenitalia e Italo competono su orari, tariffe, servizi ai passeggeri senza alcun contributo pubblico, a tutto beneficio degli utenti e dell’investimento fatto per la infrastruttura.
Nel 2009 (primo anno di esercizio) si sono effettuati 20 milioni di viaggi sui treni dell’Alta velocità, nel 2017 i viaggi sulla direttrice nord-sud sono stati 43 milioni. Un traffico paragonabile a quello di una linea di metropolitana urbana a Napoli o a Milano. Una domanda di trasporto ad alta velocità più che raddoppiata in soli otto anni con una crescita straordinaria, soprattutto se si considera che in questi anni abbiamo attraversato una crisi economica senza precedenti dal dopoguerra e ancora oggi il Pil è inferiore di quattro punti rispetto a quello pre-crisi. Come si compongono i 43 milioni di viaggi sulla Av? Circa 26 milioni di viaggi sono stati sottratti alle altre modalità di trasporto con impatti molto significativi sul sistema dei trasporti nazionale. Circa 10 milioni di passeggeri in meno per il trasporto aereo, è come se si perdesse tutto il traffico di un aeroporto come Venezia o Napoli. Una delle concause della perdurante crisi di Alitalia è che non ha saputo anticipare il ciclone Av sulla rotta Milano-Roma. Ancora la riduzione di automobili sulle autostrade è oltre 3 miliardi di vetture chilometro all’anno, che equivale all’intero traffico della A1 fra Roma e Firenze.
Comunque il dato più sorprendente è quello della domanda generata: oltre 17 milioni di viaggi, quasi il 40% dei viaggiatori totali non si sarebbe spostato se non ci fosse stata l’Alta velocità. Questo è il risultato di trasformazioni significative nelle interazioni fra le principali città del Paese che, nel 2005 dopo l’apertura della prima tratta Napoli-Roma, ho provato a condensare nello slogan «Alta velocità, la metropolitana d’Italia». Oggi 4,3 milioni di viaggi sono effettuati da pendolari che vivono e lavorano in città diverse. Su alcune tratte come Torino-Milano o Napoli- Roma in un giorno feriale circa il 30% dei viaggiatori sono pendolari. Ovviamente si viaggia anche per affari (il motivo prevalente), per studio (oltre 3 milioni) e tantissimo per visite a parenti e amici (circa 10 milioni).
Notevole anche l’effetto sull’industria del turismo con quasi 9 milioni di viaggi per turismo di cui oltre due effettuati da turisti stranieri (con Firenze prima destinazione) e una nuova opportunità che il Paese offre con un tour delle città dell’arte su Alta velocità.
Insomma si sono notevolmente ampliati il mercato del lavoro, le opportunità di studio, le abitudini degli italiani, le occasioni di affari e il mercato del turismo. Tutte trasformazioni che vanno al di là delle tradizionali analisi dei benefici trasportistici e che gli economisti definiscono benefici economici più ampi (wider economic benefits).
Ovviamente il minor uso di auto e aereo, energeticamente meno efficienti della ferrovia, ha comportato si- gnificative riduzioni dei gas clima-alteranti e di altri inquinanti locali oltre alla riduzione di incidentalità sulle strade.
Si tratta a mio avviso di risultati molto significativi per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese e il miglioramento della qualità della vita di tante persone.
La realizzazione del progetto di Alta velocità ha anche fornito delle indicazioni di cui tenere conto nello sviluppo del progetto. Ad esempio la scelta di realizzare un sistema misto Alta velocità-Alta capacità, ossia di progettare la linea sia per i treni viaggiatori che per quelli merci, si è rivelata un errore che ha comportato costi maggiori dovuti ai requisiti più impegnativi del trasporto ferroviario delle merci a fronte di un uso assolutamente marginale della linea per questo tipo di traffico lungo questa direttrice.
Ma dietro l’indubbio successo dell’Alta velocità ferroviaria si cela anche un rischio, ossia che essa rappresenti un elemento di discriminazione, uno svantaggio competitivo per intere aree del Paese oggi escluse da servizi paragonabili a quelli offerti oggi sulla direttrice Torino-Salerno e sulle sue diramazioni. È come se dopo aver costruito l’Autostrada del sole MilanoNapoli non si fossero realizzate le altre autostrade come la Salerno-Reggio Calabria, la Venezia–Torino o l’Adriatica che hanno costruito una rete in grado di garantire condizioni di accessibilità e di sviluppo eque per l’intero territorio nazionale. Il Paese sarebbe molto diverso da quello che conosciamo, immaginate di dover impiegare 4 ore per andare da Milano a Genova o 5 ore da Napoli a Bari. Oggi correremmo un rischio simile in molte zone d’Italia se non si completasse nei tempi più rapidi possibili una rete di infrastrutture e servizi ferroviari paragonabili a quelli dell’Alta velocità per i collegamenti fra Genova, Milano e Torino, sulla direttrice Milano-Venezia, sulla Venezia-Trieste, lungo la direttrice adriatica, sulla direttrice Roma–Adriatico, sulla direttrice NapoliBari, sulla Salerno-Reggio Calabria e in Sicilia. Ovviamente non è possibile immaginare nuove linee dedicate con velocità massime di 350 km\h per migliaia di chilometri, non ne avremmo né il tempo né le risorse.
La scelta che si è fatta negli ultimi anni e che in larga parte si ritrova nel contratto di programma di Rfi è quella di sviluppare una rete di collegamenti di Alta velocità di rete (Avr) alla tedesca, ossia usando linee dedicate e linee storiche per tratti con velocità di punta comunque superiori ai 200 km\h. Le decisioni attuative di questo disegno includono il collegamento MilanoTorino-Genova che utilizza il terzo valico in fase di costruzione, la Torino-Lione, il completamento della linea Brescia-Padova, la velocizzazione delle linea Verona- Brennero e così via fino alla Napoli-Bari e alla linea Messina-Catania-Palermo. Tutte opere consistentemente finanziate e in fase di realizzazione per le quali c’è da augurarsi un rapido completamento e l’apertura a un mercato di servizi ferroviari possibilmente concorrenziale. Ci sono poi altri assi della rete Avr che a oggi non sono né progettati, né quindi ancora finanziati.
I documenti programmatici allegati ai Documenti di economia e finanza del 2017 e del 2018 individuano i fabbisogni di collegamenti per i quali Rfi dovrebbe attivare i progetti di fattibilità. Anche in questo caso si tratta di relazioni importanti come il collegamento di Roma con l’Adriatico, la SalernoReggio Calabria o l’attraversamento dello stretto di Messina.
In conclusione l’Alta velocità ha dimostrato che in un Paese policentrico come il nostro, sviluppato lungo poche direttrici storiche scolpite dalla sua difficile orografia la realizzazione di servizi ferroviari di qualità che consentono viaggi fra i centri urbani principali in poche ore ha un potenziale “effetto città” enorme. Un potenziale che è certamente economico ma che può unire di più un Paese ancora troppo diviso.
Università degli Studi Federico II Napoli