Lotta continua tra Vivendi e Elliott I fondi scaricano il titolo Telecom
Il cda accerta la «regolarità formale» della richiesta di assemblea dei francesi
Il consiglio Telecom «prende atto della regolarità formale» della richiesta di convocazione dell’assemblea da parte di Vivendi per la nomina dei revisori per il periodo 2019-2027 e per la revoca di cinque consiglieri in quota Elliott e nomina di altrettanti amministratori. Tuttavia il board si è limitato ad «aprire l’istruttoria», rinviando la decisione al cda del 14 gennaio. A quanto risulta, il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, ha chiesto di convocare subito l’assemblea, ma la richiesta è stata respinta, conformemente all’ordine del giorno che parlava solo di “valutazioni preliminari” ed escludeva quindi delibere alla riunione di ieri.
Non pare che questo preluda a un immediato ricorso al Tribunale ai sensi dell’articolo 2367 del codice civile, perchè formalmente è difficile si possa intervenire prima che il consiglio si esprima. Salvo “cavilli”, il 14 gennaio l’assemblea dovrà essere convocata: per la revoca parziale bastano 30 giorni e dunque si dovrebbe andare a metà febbraio, anche se l’assemblea di bilancio è già in programma per l’11 aprile. Peraltro c’è chi fa notare che, per quanto riguarda la nomina dei revisori, non c’è alcun obbligo legale a giocare d’anticipo, tant’è che anche la società uscente Pwc era stata nominata nell’assemblea di bilancio 2010 quando aveva iniziato il suo mandato. In questo caso c’è però una raccomandazione del collegio sindacale, che risale a novembre, di procedere in tempi rapidi.
Vivendi non ha perso comunque l’occasione di attaccare nuovamente il fondo Elliott, regista del ribaltone di maggio che ha messo il primo azionista (23,94% del capitale ordinario) in minoranza nel board. «I gravi problemi e fallimenti di governance e le recenti strategie finalizzate a perdere tempo e ritardare l’inevitabile, sono il frutto del lavoro dei membri del consiglio sostenuti da Elliott che porteranno a un pesante indebolimento dell’azienda, sia dal punto di vista finanziario che sociale», ha dichiarato un portavoce del gruppo che fa capo a Vincent Bolloré. «Riteniamo i membri del cda sostenuti da Elliott responsabili per la performance negativa del titolo, -40% dal 4 maggio», ha aggiunto.
La replica non si è fatta attendere. «Le affermazioni di Vivendi sulle responsabilità dei consiglieri Elliott per il crollo del titolo sono inopportune e oltremodo pretestuose», osservano fonti vicine al presidente Telecom, Fulvio Conti. «Quando Vivendi nel 2015 è entrata nell’azionariato il titolo era ben sopra 1,1 euro, mentre quando sono iniziati i rumors sul possibile investimento di Elliott a inizio 2018 il titolo era a circa 70 centesimi con un massimo di 80 centesimi», si fa notare, sottolineando che fino a metà novembre «l’azienda è stata guidata da un ad nominato da Vivendi, con un piano approvato dalla stessa Vivendi che non ha portato risultati coerenti». E ancora si lamenta che «queste dichiarazioni, fatte anche a mercati aperti, non possano che arrecare ulteriore danno all’azienda, al suo corso di Borsa e quindi a tutti gli azionisti», evidenziando come «a nuocere al titolo siano stati proprio gli atteggiamenti e la strategia di Vivendi».
Il dato di fatto è che il titolo paga lo scotto di una governance litigiosa, dell’incertezza sull’esito dello scontro e della mancanza di chiarezza sulla direzione di rotta dell’azienda. Tant’è che - in un contesto generale di aumento dell’equity risk - i fondi all’avvicinarsi di fine anno chiudono le posizioni, scaricando il “rischio” Telecom. In sette sedute - dal 12 dicembre, quando le quotazioni erano a 57 centesimi - il titolo ha perso oltre il 12% per chiudere ieri a 50 centesimi, in ribasso del 3,81% dal giorno prima.