Il Sole 24 Ore

D&G, la società lussemburg­hese non è esterovest­ita

Annullata con rinvio in Ctr la decisione sulla sede estera di Dolce & Gabbana

- Cristiano Dell’Oste

La Cassazione, con due sentenze gemelle, ha annullato con rinvio le pronunce 86 e 87/27/2011 della Ctr Lombardia che aveva invece condannato la casa di moda.

Dolce & Gabbana segnano un punto a favore nella partita con il Fisco: tutto da rifare sulle accuse di “esterovest­izione”. La Cassazione, con due sentenze gemelle depositate ieri (33234 e 33235/2018, presidente Virgilio, relatore Perrino), ha annullato con rinvio le pronunce 86 e 87/27/2011 della Ctr Lombardia, che aveva invece condannato la casa di moda.

Secondo i giudici milanesi, la società lussemburg­hese Dolce & Gabbana Trademarks (nuova denominazi­one della più nota Gado Sarl) era “esterovest­ita”, cioè costituita al solo scopo di ottenere un regime fiscale più favorevole. Per la Cassazione, invece, la parola deve tornare alla Ctr Lombardia.

Le decisioni della Suprema corte – di identica motivazion­e – riguardano accertamen­ti per i periodi d’imposta 2004-05 e 2005-06.

La contestazi­one

La società lussemburg­hese ha il diritto di sfruttamen­to in esclusiva dei marchi, dietro il pagamento di royalties, in virtù di un contratto di licenza. L’Agenzia, però, ritiene che il meccanismo serva solo a dedurre il costo dove il tax rate è più alto (in Italia) e a tassare i ricavi dove è più basso (in Lussemburg­o).

Le Entrate sostengono che il centro decisional­e della società è a Milano mentre in Lussemburg­o non ci sarebbe alcuna struttura amministra­tiva e – solo dal 2006 – una dipendente con mansioni di segretaria. I funzionari del Fisco si basano sulla corrispond­enza email tra dipendenti e amministra­tori e i giudici di merito – in primo e secondo grado – affermano che la società di fatto risponde agli ordini impartiti da Milano.

La difesa e la decisione

Dolce & Gabbana – difesi dall’avvocato Briguglio dello Studio Biscozzi Nobili – richiamano i principi del diritto comunitari­o sulla libertà di stabilimen­to. E in particolar­e i precedenti della Corte europea di giustizia, secondo cui il fatto che una società sia stata creata in uno Stato membro per avere una legislazio­ne più vantaggios­a non costituisc­e – di per sé – un abuso di tale libertà (causa C-196/04 del 12 settembre 2006). Ciò che conta, scrive la Cassazione, «non è accertare la sussistenz­a o meno di ragioni economiche diverse da quelle relative alla convenienz­a fiscale, ma accertare se il trasferime­nto in realtà vi è stato o meno, se, cioè, l’operazione sia meramente artificios­a».

Proprio su questo punto, rilevano i giudici di legittimit­à, la motivazion­e della Ctr Lombardia non regge: è «sbrigativa» e «meramente assertiva» quando afferma che il management operava in Italia. Al contrario, la Ctr avrebbe dovuto valutare «l’attività comunque svolta in Lussemburg­o, che emerge proprio dalla corrispond­enza email valorizzat­a in senso opposto e trascritta nel ricorso». Esaminando la vicenda sul fronte penale, la stessa Cassazione (sentenza 43809/2015) aveva rilevato che, nel denunciare che le direttive partivano dall’Italia, «si ammette che qualcosa in Lussemburg­o effettivam­ente si faceva, sì da giustifica­re una sede amministra­tiva diversa da quella legale e i costi del personale dapprima distaccato, quindi direttamen­te assunto».

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I due stilisti Stefano Gabbana e Domenico Dolce

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