Va motivato l’accertamento fondato sul conto di un terzo
Va dimostrata l’effettiva disponibilità da parte del contribuente
È illegittimo l’accertamento fondato sul conto corrente di terzi se non si prova la riferibilità al contribuente: in assenza dell’intestazione al soggetto controllato, occorre infatti, la prova, anche presuntiva della disponibilità dello stesso. È quanto ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 32974 del 20 dicembre 2018.
I fatti. L’agenzia delle Entrate notificava ad un professionista un avviso di accertamento fondato su indagini bancarie di conti correnti intestati allo stesso e al coniuge. Il provvedimento, impugnato dal contribuente, veniva annullato nei giudizi di merito e l'Agenzia ricorreva in Cassazione.
La Suprema corte ha ricordato che l’articolo 32, Dpr 600/73 consente all’Ufficio di richiedere agli enti creditizi i documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto con i loro clienti. La disposizione non limita l’acquisizione della documentazione ai soli conti correnti bancari formalmente intestati al contribuente accertato, poiché può estendersi anche ai conti correnti intestati a terzi soggetti.
Tuttavia in mancanza della formale titolarità del conto, occorre che lo stesso sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale. È a carico dell’amministrazione finanziaria dimostrare la disponibilità quando il conto risulti formalmente intestato a soggetti diversi dal contribuente accertato. Solo in presenza di tale condizione e prova è operante la presunzione secondo la quale i versamenti rinvenuti sui conti siano compensi, con trasferimento dell’onere probatorio in capo al soggetto verificato.
È stato così affermato il principio secondo il quale in caso di conti bancari di cui sia formalmente titolare il contribuente accertato la presunzione che i versamenti siano compensi è immediatamente applicabile; nel caso invece di conti intestati a terzi, l’Ufficio, al fine di avvalersi della presunzione legale, deve fornire la prova, anche per presunzioni (purché qualificate) che il conto bancario sia nell’effettiva disponibilità del contribuente, al quale pertanto sono attribuibili le movimentazioni.
I giudici di legittimità hanno richiamato precedenti pronunce per ribadire in quali altri frequenti situazioni debba applicarsi tale principio: conti intestati ai soci, amministratori o procuratori generali, occorre che l'Amministrazione finanziaria provi, anche tramite presunzioni, l'intestazione fittizia o comunque la sostanziale riferibilità alla società (Cassazione, 8112/2016).