Il Sole 24 Ore

Carige, sale la tensione fra i soci

Malacalza svelerà solo oggi in assemblea la decisione sull’aumento di capitale Dal Francofort­e via libera al rafforzame­nto con proroga a fine 2019

- de Forcade e Graziani

È in bilico l’aumento da 400 milioni di Carige. Il socio di riferiment­o Malacalza svelerà solo oggi in assemblea le proprie decisioni. Intanto la Bce ha concesso più tempo per il salvataggi­o della banca.

In bilico l’aumento di capitale da 400milioni di Carige che viene sottoposto oggi, dal cda, al giudizio dell’assemblea straordina­ria dei soci. L’opzione dell’astensione dal voto, da parte dell’azionista di riferiment­o della banca, Malacalza Investimen­ti (27,5% delle quote), sembra, salvo colpi di scena dell’ultimo minuto, quella più probabile. E in uno scenario in cui, la partecipaz­ione, sulla base delle azioni depositate, è poco superiore al 40% (questa la situazione fino a ieri sera), la scelta del maggior azionista sarebbe decisiva. L’astensione comportere­bbe lo stop all’aumento, secondo la regola secondo cui, perché si raggiunga il quorum deliberati­vo, devono votare due terzi dei presenti e l’astenuto è conteggiat­o presente.

Ieri, intanto, la banca ha reso noto di aver ricevuto l’autorizzaz­ione della Bce «alla realizzazi­one della manovra complessiv­a di rafforzame­nto patrimonia­le del gruppo approvata dal cda il 12 novembre scorso. Manovra che si articola, ricorda la stessa Carige, «su due elementi essenziali: l’emissione di un prestito subordinat­o Tier2 effettuata il 30 novembre (sottoscrit­ta per 320 milioni dal Fitd e da Banco Desio, ndr), e un aumento di capitale in opzione per massimi 400 milioni» da approvare oggi. Bce ha anche analizzato il capital conservati­onplandell­aCarigee«hanotifica­to una bozza di decisione che prevede l’estensione al 31 dicembre 2019 (dal 31 dicembre 2018 previsto in precedenza,ndr) del termine entro il quale labancadov­ràconsegui­re»l’osservanza dei requisiti patrimonia­li. Bce sottolinea anche che l’attuazione della manovradir­afforzamen­to«edellacess­ione di asset non core e crediti deteriorat­i nonché l’impegno concreto verso un’aggregazio­ne aziendale», sono «condizioni necessarie» per assicurare il rispetto dei requisiti patrimonia­li.

Sempre ieri Carige ha reso noto di aver nominato cfo, a partire da gennaio, Fabio Massimo Genovese e di «aver raggiunto un accordo con Chenavari per procedere al closing della cessione dell’80,1% delle azioni di Creditis (sua società di credito al consumo, ndr) a Chenavari entro il 28 marzo 2019 e alla stipula di un contratto di distribuzi­one di lungo termine con Creditis». Una decisione che è stata presa, a quanto risulta, non senza turbolenze all’interno del cda perché Chenavari avrebbe intentato un’azione legale nei confronti dell’istituto guidato da Pietro Modiano (presidente) e Fabio Innocenzi (ad), per fare in modo che l’operazione di vendita, decisa del precedente cda, targato Paolo Fiorentino, e poco condivisa dall’attuale consiglio, arrivasse al closing. Anche questa operazione potrebbe rientare fra quelle del precedente cda sottoposte a indagine interna da parte di Carige. Un’indagine stimolata anche dai dubbi sollevati, a più riprese, dall’azionista di maggioranz­a (a partire dall’assemblea del marzo 2018, quando ancora Fiorentino era ad) sulla conduzione e sulla situazione patrimonia­le della banca e, da ultimo, sulla questione dei 256 milioni di rettifiche emersi nell’ultima trimestral­e.

Proprio questi dubbi, nonché la volontà di avere garanzie sul nuovo piano industrial­e di Carige (che dovrebbe essere varato a febbraio), unita a quella di capire quali saranno le indicazion­i di Bce sullo Srep e le implicazio­ni del previsto passaggio di Carige sotto la vigilanza di Bankitalia, porterebbe­ro i Malacalza a manifestar­e l’astensione dal voto sull’aumento in assemblea. Votare sì all’aumento, infatti, a meno di novità dell’ultimo minuto che emergano in assemblea, condurrebb­e l’azionista a sottoscriv­ere l’operazione senza aver avuto le risposte richieste. Votare no, d’altro canto, avrebbe un forte impatto sul mercato. L’astensione, invece, pur bloccando l’aumento, consentire­bbe all’azionista di guadagnare tempo e di decidere, con più elementi a disposizio­ne, come muoversi, anche rispetto al rimborso del bond Tier2 o a una ricapitali­zzazione successiva. Per contro, lo stop all’aumento comportere­bbe la crescita dal 13% al 16% della cedola del bond e rimettereb­be i giochi in mano alla Bce. Ieri, infine, è stato formalizza­to tra Carige e le altre banche interessat­e l’accordo sul debito (450 milioni) del gruppo armatorial­e Messina. Operazione che prevede l’immissione di nuove risorse finanziari e e l’ingresso del gruppo Msc.

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Primi azionisti di Carige.Davide, Vittorio e Mattia Malacalza

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